1. Cos’è il reato di Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Il reato previsto dall’Articolo 387-bis del Codice Penale è stato introdotto per dare “denti” e concretezza alle misure di protezione delle vittime di violenza domestica e di genere. Prima della sua introduzione, la violazione di un ordine del Giudice di non avvicinarsi alla vittima non costituiva un reato autonomo immediato, limitando l’efficacia della tutela. Oggi, chiunque violi gli obblighi o i divieti imposti da un provvedimento di allontanamento dalla casa familiare o di divieto di avvicinamento commette un delitto punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e sei mesi.
Sebbene la norma sia collocata tra i delitti contro l’Amministrazione della Giustizia, la sua finalità è duplice: da un lato protegge il rispetto dei provvedimenti giudiziari (l’Autorità dello Stato), dall’altro garantisce l’incolumità fisica e psichica della persona offesa. Si tratta di un reato proprio, in quanto può essere commesso solo dal soggetto che è legalmente sottoposto a tali misure.
La punibilità scatta quando si violano prescrizioni derivanti da:
- Misure Cautelari Penali: Allontanamento dalla casa familiare (Art. 282-bis c.p.p.) o divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (Art. 282-ter c.p.p.).
- Provvedimenti Urgenti di Polizia: L’ordine di allontanamento d’urgenza disposto dalla Polizia Giudiziaria (Art. 384-bis c.p.p.).
- Ordini di Protezione Civili: I provvedimenti emessi dal Giudice Civile in contesti di crisi familiare, separazione o divorzio, volti a far cessare condotte pregiudizievoli per l’integrità del coniuge o dei figli.
Perché si configuri il reato, è necessario il dolo generico: il soggetto deve essere consapevole dell’esistenza del provvedimento a suo carico e deve volerlo violare intenzionalmente. Non basta un incontro casuale e fortuito (ad esempio incrociarsi per strada senza intenzione), ma occorre una condotta che dimostri la volontà di ignorare il divieto imposto dall’Autorità.
2. Testo dell’articolo 387-bis codice penale: condotte punite e pene previste.
L’Articolo 387-bis del Codice Penale rappresenta il cuore normativo della tutela immediata per le vittime di violenza. Introdotto con la riforma del Codice Rosso, questo articolo trasforma la semplice inottemperanza a un ordine del Giudice in un delitto di particolare allarme sociale. La norma ha un raggio d’azione vasto: non punisce solo chi ignora le misure cautelari penali, ma estende la sanzione anche a chi elude gli ordini di protezione emessi in sede civile, garantendo così una copertura a 360 gradi nelle situazioni di crisi familiare e di genere.
Chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis e 282-ter del codice di procedura penale o dall’ordine di cui all’articolo 384-bis del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e sei mesi.
La stessa pena si applica a chi elude l’ordine di protezione previsto dall’articolo 473-bis.70, primo comma, del codice di procedura civile, o un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
3. Note procedurali dell’articolo 387-bis codice penale: arresto, misure cautelari, prescrizione…
Il regime processuale dell’Articolo 387-bis del Codice Penale è tra i più rigorosi dell’intero ordinamento, riflettendo la priorità che lo Stato assegna alla protezione delle vittime di violenza. Le recenti riforme, culminate con la legge sul Codice Rosso, hanno introdotto strumenti di intervento rapido come l’arresto obbligatorio e la flagranza differita, rendendo le conseguenze di una violazione immediate e severe. Comprendere queste dinamiche è fondamentale, poiché la velocità con cui l’Autorità Giudiziaria interviene lascia pochissimo spazio di manovra alla difesa se non si interviene con una strategia mirata fin dalle primissime ore.
- Arresto in Flagranza: È previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Una novità fondamentale è l’introduzione della flagranza differita (Art. 10 L. n. 168/2023), che permette l’arresto anche nelle 48 ore successive se la violazione risulta inequivocabilmente da documentazione video-fotografica o altri supporti tecnologici.
- Fermo di Indiziato di Delitto: Non è consentito.
- Misure Cautelari Personali: Sono consentite le misure non custodiali. I termini custodiali per questo reato sono considerati brevi.
- Intercettazioni: Non sono ammesse come mezzo di ricerca della prova (Art. 266 c.p.p.).
- Autorità Giudiziaria Competente: La competenza è del Tribunale monocratico.
- Procedibilità e Udienza: Il reato è perseguibile d’ufficio. Non è prevista l’udienza preliminare, in quanto si procede con citazione diretta a giudizio (Art. 550 c.p.p.).
- Bene Tutelato e Tipologia: Il bene protetto è la concreta validità ed efficacia dei provvedimenti emanati dall’Autorità. È un reato proprio, commettibile solo dal soggetto sottoposto alla misura.
- Natura e Perfezionamento: È un reato a forma libera che si perfeziona con l’azione di violazione. La natura è considerata permanente, a condizione che il reo abbia la facoltà di far cessare l’illecito; la consumazione cessa con la fine della violazione.
- Elemento Psicologico: È richiesto il dolo generico (consapevolezza e volontà di violare il divieto).
Tentativo: La configurabilità è controversa, ma si ritiene che in determinati casi vi sia spazio per la sua contestazione.
Prescrizione: Il termine è di 6 anni.
Benefici Processuali: Sono possibili sia la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto (Art. 131-bis c.p.) sia la richiesta di messa alla prova (Art. 168-bis c.p.).
4. Esempi di casi reali del reato di Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
L’applicazione pratica dell’Articolo 387-bis del Codice Penale rivela quanto sia elevata la soglia di attenzione richiesta dal legislatore e dalla giurisprudenza. Spesso la violazione non nasce da un’aperta volontà aggressiva, ma da un’errata valutazione della portata del divieto o dalla convinzione che il consenso della vittima possa “sanare” la condotta. Attraverso l’analisi di scenari tipici, esamineremo come la norma venga interpretata sia dal punto di vista dell’indagato, gravato da precisi doveri di allontanamento, sia dal punto di vista della persona offesa, la cui sicurezza è considerata un bene non disponibile dalle parti.
Esempi dal punto di vista del presunto autore.
L’incontro casuale al bar.
Luca si trova all’interno di un bar per la colazione quando vede entrare la sua ex compagna, Elena, protetta da un divieto di avvicinamento a suo carico. Luca non si muove, pensando che, essendo arrivato per primo, non stia commettendo alcuna violazione. Luca rischia l’arresto. La Cassazione chiarisce che il divieto “segue” la persona offesa; in caso di incontro fortuito, è l’indagato a dover abbandonare immediatamente il luogo per ripristinare la distanza di sicurezza, a prescindere da chi sia arrivato per primo.
Il “permesso” concesso dalla vittima.
Matteo riceve un messaggio da parte della moglie Maria, che lo invita a casa per discutere della gestione dei figli, nonostante il provvedimento di allontanamento. Matteo accetta, convinto che il consenso di Maria lo metta al riparo da conseguenze legali. Matteo commette reato. Il consenso della vittima non ha alcun valore giuridico: la misura cautelare è un ordine del Giudice a tutela della pubblica autorità e non è nella disponibilità delle parti.
L’assoluzione nel processo principale.
Giulio viene processato per maltrattamenti e violazione del divieto di avvicinamento. Al termine del processo, viene assolto dai maltrattamenti perché “il fatto non sussiste”. Giulio ritiene che, cadendo l’accusa principale, debba cadere anche l’accusa di aver violato il divieto durante le indagini. Giulio si sbaglia. La violazione del divieto è un reato autonomo: l’obbedienza al Giudice va garantita finché la misura è in vigore, indipendentemente dall’esito finale del reato per cui è stata emessa.
Esempi dal punto di vista della persona offesa.
L’avvicinamento “passivo”.
Chiara vede il suo ex compagno, gravato dal divieto, seduto in piazza. Decide di avvicinarsi lei stessa per parlargli, convinta che se è lei a fare il primo passo lui non possa essere punito. Lui resta fermo e parla con lei per mezz’ora. Chiara sta involontariamente esponendo l’ex compagno a un nuovo reato. La giurisprudenza impone all’indagato lo ius escludendi: lui avrebbe dovuto allontanarsi non appena Chiara si è avvicinata. La sicurezza della vittima è prioritaria anche contro la sua stessa volontà.
La tutela nei luoghi non indicati.
Sofia ha ottenuto un divieto di avvicinamento che impone all’ex marito di stare a 500 metri da lei. Lo incontra in una città diversa da quella di residenza, in un centro commerciale mai menzionato nel decreto del Giudice. Sofia è pienamente tutelata. Se il Giudice ha disposto un obbligo di mantenersi a distanza dalla persona, tale divieto è “itinerante”: Sofia porta con sé la “bolla” di sicurezza ovunque si trovi, senza necessità di specificare i luoghi nel provvedimento.
La violazione degli accordi civili.
Giulia ha ottenuto dal Giudice Civile, durante la separazione, un ordine di protezione che vieta al marito di avvicinarsi alla casa familiare per gravi abusi. L’uomo si presenta ugualmente alla porta. Giulia può chiamare le Forze dell’Ordine per denunciare un reato penale. Grazie al comma 2 dell’art. 387-bis, l’elusione di provvedimenti civili di protezione è punita con la stessa gravità delle misure penali (reclusione fino a tre anni e sei mesi).
5. Cosa dice la Cassazione (con spiegazione) sul reato di Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
L’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione sul reato di cui all’Articolo 387-bis c.p. è fondamentale per comprendere quanto sia sottile il confine tra una condotta lecita e una violazione penale. Le sentenze più recenti, molte delle quali pubblicate nel 2025, confermano un orientamento di massima severità: il rispetto dei provvedimenti cautelari non è lasciato alla discrezionalità delle parti, né può essere influenzato dal consenso della vittima. Attraverso l’analisi delle massime che seguono, vedremo come la Suprema Corte tuteli in via prioritaria l’autorità dell’ordine giudiziario e la sicurezza della persona offesa, imponendo all’imputato doveri di condotta attivi e rigorosi in ogni circostanza, anche in caso di incontri del tutto casuali.
Il consenso della vittima non giustifica la violazione.
Massima: «In tema di divieto di avvicinamento imposto con la misura cautelare, non scrimina la condotta delittuosa ex articolo 387-bis del Cp la circostanza che la persona consenta al vietato avvicinamento da parte dell’imputato, giacché la normativa di settore è infatti fortemente orientata a tutelare la vittima di condotte maltrattanti, considerando la sua posizione vulnerabile, evitando che la stessa vittima possa influire sulla prosecuzione del procedimento (ritrattando l’accusa): in questa situazione di squilibrio che giustifica una tutela rafforzata della vittima non può dunque essere affidato alla stessa di far venir meno la misura di protezione imposta all’agente» (Cass. pen., n. 18329/2025).
Spiegazione: La Suprema Corte stabilisce un principio rigorosissimo: se il Giudice ha emesso un divieto, l’imputato non può avvicinarsi alla vittima nemmeno se è lei a chiederlo o a dare il proprio consenso. Il motivo risiede nella “vulnerabilità” della persona offesa: la legge vuole evitare che la vittima, spesso sotto pressione psicologica, possa essere indotta a “perdonare” o a influenzare il processo. La misura protegge l’Autorità dello Stato e non è nella disponibilità della vittima farla venire meno.
Incontro casuale: l’obbligo di allontanarsi subito.
Massima: «Integra il delitto previsto dall’art. 387-bis c.p. la condotta di chi, sottoposto al divieto di avvicinamento alla persona offesa ai sensi dell’art. 282-ter c.p.p., si avvicini volontariamente a questa, anche in occasione di un incontro casuale in un locale aperto al pubblico, dove egli già si trovava» (In motivazione, la Corte ha precisato che non occorre stabilire se il locale sia incluso tra i luoghi indicati nel provvedimento cautelare, nel caso in cui questo imponga genericamente all’imputato di tenersi lontano dalla persona offesa) (Cass. pen., n. 12442/2025).
Spiegazione: Il reato scatta anche in caso di incontro fortuito. Se l’imputato si trova già in un locale pubblico e vede entrare la persona offesa, ha l’obbligo giuridico di allontanarsi volontariamente per mantenere la distanza. La Corte precisa che, se il provvedimento impone di stare lontano dalla persona (distanza fisica), l’obbligo vale ovunque essa si trovi, a prescindere dal fatto che quel locale specifico fosse indicato o meno nel provvedimento del Giudice.
Successione di leggi e ordini di protezione civile.
Massima: «L’art. 387-bis, comma 2, c.p., nella parte in cui – nella sua formulazione vigente fino al 25 novembre 2024, antecedente alla novella di cui al d.lg. 31 ottobre 2024, n. 164 – puniva l’elusione dell’ordine di protezione contro gli abusi familiari previsto dall’art. 342-ter, comma 1, c.c., non si applica alle condotte, precedenti a quella data, di inosservanza degli ordini di protezione a tutela dell’integrità fisica o morale ovvero della libertà di un minore, emessi ai sensi di tale disposizione o, successivamente alla sua introduzione, dell’art. 473-bis.70 c.p.c.» (Cass. pen., n. 10389/2025).
Spiegazione: Questa sentenza affronta un tema di “legalità”. La Corte chiarisce che la vecchia formulazione della norma (precedente a novembre 2024) non permetteva di punire penalmente chi violava ordini di protezione emessi dal Giudice Civile a tutela di minori se questi erano stati emessi sotto certi articoli specifici (Art. 473-bis.70 c.p.c.). In pratica, per i fatti antecedenti alla riforma del 2024, non c’è reato se la violazione riguarda provvedimenti civili per minori non espressamente richiamati dalla vecchia norma.
Il dovere di allontanarsi (ius escludendi).
Massima: «In tema di reati contro l’amministrazione della giustizia, integra il delitto di violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all’art. 387-bis c.p., anche la condotta di chi, essendo sottoposto alla misura cautelare impositiva di tale vincolo personale, consente che la persona offesa volontariamente gli si avvicini, attesa l’esigibilità del concreto esercizio dello ius escludendi e l’esigenza di conformarsi al criterio di «priorità della sicurezza delle vittime e delle persone in pericolo», enunciato dall’art. 52 della Convenzione di Istanbul» (Cass. pen., n. 4936/2025).
Spiegazione: Simile alla massima n. 1, qui si ribadisce che se la vittima si avvicina volontariamente all’imputato, quest’ultimo deve attivarsi per ristabilire la distanza (cosiddetto ius escludendi). Non è un’opzione, ma un dovere derivante dalla Convenzione di Istanbul: la sicurezza della vittima prevale su ogni altra circostanza. Se l’imputato permette che la vittima gli resti accanto, viola il provvedimento e commette reato.
Irrilevanza dell’esito del processo principale.
Massima: «Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 387-bis c.p., introdotto dalla L. n. 69 del 2019, art. 4, è ininfluente l’assoluzione dal reato per il quale è stata applicata la misura (così come l’ improcedibilità per remissione della querela o l’eventuale annullamento in sede di riesame della misura cautelare), anche alla luce del suo carattere plurioffensivo perché il bene giuridico protetto si individua sia nella tutela della vittima, sotto il profilo fisico, psichico ed economico, sia nella corretta esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria» (Cass. pen. n. 19442/2023).
Spiegazione: Questa è una delle massime più temibili. Il reato di violazione del divieto (Art. 387-bis) resta in piedi anche se l’imputato viene poi assolto dal reato originario (es. maltrattamenti o stalking) o se la vittima ritira la querela. Questo perché il bene protetto è anche l’obbedienza all’ordine del Giudice: finché la misura è valida, va rispettata, e la sua violazione è un delitto autonomo e “plurioffensivo”.
Differenza tra divieto di luoghi e obbligo di distanza.
Massima: «Il giudice che, con provvedimento specificamente motivato e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, disponga, anche cumulativamente, le misure cautelari del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa e/o di mantenimento della distanza dai medesimi, deve indicarli specificamente, mentre, nel caso in cui reputi necessaria e sufficiente la sola misura dell’obbligo di mantenersi a distanza dalla persona offesa, non è tenuto ad indicare i relativi luoghi, potendo limitarsi a determinare la stessa» (Cass. pen., SS.UU., n. 39005/2021).
Spiegazione: Le Sezioni Unite chiariscono come deve essere scritto il provvedimento cautelare. Se il Giudice vieta di frequentare determinati “luoghi” (casa, lavoro, palestra), deve elencarli specificamente. Se invece il Giudice impone solo di mantenere una “distanza minima” dalla persona (es. stare a 500 metri dalla vittima ovunque si trovi), non è necessario indicare luoghi specifici, poiché il divieto segue la persona offesa nei suoi spostamenti.
6. Cosa fare se sei coinvolto nel reato di Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Trovarsi indagati per il reato di cui all’Articolo 387-bis del Codice Penale è una situazione di estrema gravità che richiede un intervento legale immediato. La natura stessa del reato, che mira a prevenire potenziali pericoli per la persona offesa, spinge l’Autorità Giudiziaria e le Forze dell’Ordine ad agire con la massima celerità, spesso attraverso l’arresto in flagranza.
Se sei stato accusato di aver violato un provvedimento di allontanamento o un divieto di avvicinamento, ecco i pilastri della strategia difensiva da adottare:
- Valutazione della Flagranza Differita: Con le nuove norme, l’arresto può avvenire anche ore dopo la presunta violazione sulla base di foto, video o messaggi. È fondamentale analizzare immediatamente la legittimità di tale documentazione e il rispetto dei termini temporali previsti dalla legge.
- Contestazione del Dolo (Volontarietà): La difesa deve verificare se la violazione sia stata frutto di una scelta intenzionale o di un evento fortuito e inevitabile, come un incontro casuale in un luogo pubblico dove non era possibile prevedere la presenza della persona offesa.
- Verifica della Precisione del Provvedimento: Seguendo i principi delle Sezioni Unite, occorre analizzare se il provvedimento violato indicasse correttamente i luoghi vietati o la distanza da mantenere. Un ordine generico o impreciso può essere oggetto di specifiche contestazioni in sede difensiva.
- Irrilevanza del Consenso della Vittima: È bene sapere che la tesi difensiva basata sul “lei mi aveva dato il permesso di venire” è solitamente inefficace davanti ai Giudici. La strategia deve invece puntare sulla mancanza di pericolosità concreta della condotta o su altre scriminanti tecniche.
- Accesso ai Benefici Processuali: Nonostante la gravità, resta possibile valutare la richiesta di Messa alla Prova (Art. 168-bis c.p.) o l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (Art. 131-bis c.p.), qualora la violazione sia stata episodica e priva di connotati di minaccia o violenza.
Dalla violazione di queste misure può derivare non solo un nuovo processo penale, ma anche l’aggravamento della misura cautelare precedente (ad esempio, il passaggio dal divieto di avvicinamento agli arresti domiciliari o al carcere).
Per una difesa tecnica tempestiva e specialistica a Siracusa o Catania, contattami immediatamente attraverso la sezione Contatti del sito.
