Reato di Procurata evasione – Articolo 386 codice penale

1. Cos’è il reato di Procurata evasione.

Il reato di Procurata evasione, previsto dall’Articolo 386 del Codice Penale, è un delitto che sanziona l’azione del terzo che interviene dall’esterno per aiutare un altro soggetto a sottrarsi illegittimamente alla detenzione o all’arresto. Questo reato è speculare all’Evasione (Art. 385 c.p.) e la sua finalità è proteggere l’autorità dello Stato e la sicurezza della custodia, punendo chi dall’esterno compromette la regolarità della pena o della misura cautelare.

A differenza dell’evasione, che può essere commessa solo dal detenuto, la Procurata evasione è un reato comune e può essere commesso da chiunque (amici, familiari, o estranei). La condotta punita consiste nel procurare l’evasione (rendendola possibile, ad esempio fornendo chiavi false o vestiti) o nell’agevolarla (rendendola più facile, come aspettare l’evaso con un’auto pronta per la fuga). Il reato si configura solo se il beneficiario dell’aiuto è una persona legalmente arrestata o detenuta per un reato.

La pena base prevista è la reclusione da sei mesi a cinque anni. Tuttavia, la condanna è particolarmente grave in due casi che prevedono un forte aumento della sanzione.

Innanzitutto, la pena sale alla reclusione da tre a dieci anni se il favore è commesso a beneficio di un condannato all’ergastolo. In secondo luogo, la pena è aumentata se l’autore adotta metodi particolarmente violenti o insidiosi per liberare l’evaso, come l’uso di violenza, minaccia o effrazione (gli stessi mezzi che aggravano il reato di Evasione).

Infine, è importante sottolineare la conseguenza accessoria: in ogni caso, la condanna per Procurata evasione comporta l’interdizione dai pubblici uffici.


2. Testo dell’articolo 386 codice penale: condotte punite e pene previste.

L’Articolo 386 del Codice Penale sanziona il contributo esterno al tentativo o all’evasione effettiva di un detenuto o arrestato. Questa norma è fondamentale per prevenire che terzi compromettano l’autorità dello Stato e la regolarità della custodia. Il testo stabilisce una pena base che aumenta significativamente se l’azione è compiuta con mezzi violenti (minacce, effrazione) o se il beneficiario dell’evasione è un soggetto condannato all’ergastolo. Prevede inoltre, in via eccezionale, una riduzione di pena per il prossimo congiunto che agisce per legami affettivi.

Chiunque procura o agevola l’evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta per un reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Si applica la reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso a favore di un condannato all’ergastolo.

La pena è aumentata se il colpevole, per commettere il fatto, adopera alcuno dei mezzi indicati nel primo capoverso dell’articolo precedente.

La pena è diminuita:

1) se il colpevole è un prossimo congiunto;

2) se il colpevole, nel termine di tre mesi dall’evasione, procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all’Autorità.

La condanna importa in ogni caso l’interdizione dai pubblici uffici.


3. Note procedurali dell’articolo 386 codice penale: arresto, misure cautelari, prescrizione…

Il reato di Procurata evasione (Art. 386 c.p.) ha un regime processuale che riflette la sua particolare gravità, soprattutto nelle ipotesi in cui il favore è rivolto a condannati per reati di maggiore allarme sociale (ergastolo). Le conseguenze in termini di misure cautelari, arresto e ammissibilità delle intercettazioni sono modulate sulla pena massima edittale. Mentre l’arresto in flagranza è sempre facoltativo, il ricorso al Fermo di indiziato di delitto e la possibilità di disporre intercettazioni diventano ammissibili solo nei casi più gravi, per garantire un intervento repressivo efficace da parte dell’Autorità Giudiziaria.

  • Arresto in Flagranza: L’arresto è facoltativo in flagranza (Art. 381 c.p.p.) in tutte le ipotesi, dato il limite edittale del Comma 1 (fino a cinque anni).
  • Fermo di Indiziato di Delitto: Comma 1 (Reclusione fino a 5 anni): Il fermo non è consentito per pena insufficiente. Comma 2 (Reclusione fino a 10 anni): Il fermo è consentito (Art. 384 c.p.p.) quando l’aiuto è rivolto a un condannato all’ergastolo.
  • Misure Cautelari Personali: Le misure cautelari coercitive (es. custodia in carcere, arresti domiciliari, divieto di espatrio) sono consentite in tutte le ipotesi, poiché la pena minima supera i tre anni (limite edittale previsto dall’Art. 280 c.p.p.).
  • Autorità Giudiziaria Competente: Il reato è di competenza del Tribunale monocratico (Art. 33-ter c.p.p.) in tutte le sue varianti.
  • Procedibilità e Udienza: È perseguibile d’ufficio (Art. 50 c.p.p.). L’Udienza preliminare è prevista (Art. 416 c.p.p.) in tutte le ipotesi, a causa del limite edittale massimo che in entrambi i commi supera i quattro anni.
  • Intercettazioni: Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (Art. 266 c.p.p.) sono ammesse come mezzo di ricerca della prova solo nel caso del Comma 2 (ergastolano), in quanto la pena massima supera i limiti richiesti.
  • Termini Custodiali: La durata massima della custodia cautelare (Art. 303 c.p.p.) è considerata breve per il Comma 1 e media per le altre ipotesi (Commi 2 e aggravanti).
  • Bene Tutelato e Tipologia: Il bene tutelato è l’effettivo assoggettamento alla potestà statale. È un reato comune (può essere commesso da chiunque) e a forma libera (non è vincolato a un mezzo specifico).
  • Natura e Perfezionamento: Il reato è istantaneo (si perfeziona nel momento in cui l’agevolazione o la procura viene data e l’evasione si verifica) e si consuma con l’evento (l’evasione del detenuto).
  • Elemento Psicologico e Tentativo: È richiesto il dolo generico (la volontà di procurare o agevolare l’evasione). Il Tentativo è configurabile.
  • Prescrizione: Il termine è di 6 anni per il Comma 1 e sale a 10 anni per l’ipotesi aggravata del Comma 2 (favore a ergastolano), data la pena massima più elevata.
  • Declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto: (Art. 131-bis c.p.) è possibile solo nel caso del Comma 1 (pena massima fino a 5 anni).
  • Messa alla Prova (MAP): (Art. 168-bis c.p.p.) la pena massima edittale del Comma 1 è generalmente superiore al limite massimo previsto per la MAP (quattro anni). Pertanto, la Messa alla Prova è non concedibile in nessuna ipotesi.

4. Esempi di casi reali del reato di Procurata evasione.

Il reato di Procurata evasione (Art. 386 c.p.) sanziona l’intervento di un terzo che, con la sua condotta, agevola l’evasione da una misura restrittiva della libertà. I casi pratici illustrano che l’aiuto può manifestarsi in molteplici modi: dalla fornitura di strumenti e mezzi di fuga dall’esterno (aiuto attivo), fino all’omissione dolosa di controlli da parte di chi aveva l’obbligo di sorveglianza (aiuto omissivo). È cruciale, inoltre, che l’arresto o la detenzione violata fossero legali al momento dell’intervento del terzo, a prescindere dall’esito finale del processo.

Esempi dal punto di vista del presunto autore.

Agevolazione di evasione da arresti domiciliari (azione punibile).

Carla vuole aiutare il suo amico Daniele, detenuto agli arresti domiciliari, a recarsi a una festa. Carla si reca a casa di Daniele di notte e gli fornisce un telefono cellulare per comunicare, vestiti di ricambio e una corda per scendere dalla finestra posteriore. Aspetta poi Daniele in macchina a due isolati di distanza per portarlo alla festa. Carla ha commesso il reato di Procurata evasione (Art. 386 c.p.) nella forma di agevolazione. La Cassazione chiarisce che il reato si applica anche quando la custodia è domiciliare, poiché anche l’arresto domiciliare è una misura custodiale. La sua condotta (fornire oggetti utili e fungere da autista per la fuga) ha reso possibile e più facile l’evasione. Se Daniele fosse stato condannato all’ergastolo, la pena a carico di Carla sarebbe stata significativamente aumentata.

Omissione di controllo da parte dell’incaricato (omissione punibile).

Franco è un agente di polizia penitenziaria di turno di notte presso la sezione di massima sicurezza del carcere. Il suo compagno, Gino, detenuto per gravi reati, lo ha corrotto affinché lo aiuti a fuggire. Franco, invece di fornire attivamente strumenti per la fuga, accetta il denaro e durante la notte omette di eseguire il giro di controllo e di chiudere il cancello secondario che sapeva essere difettoso, permettendo così a Gino di allontanarsi indisturbato. Franco commette il reato di Procurata evasione (Art. 386 c.p.) in forma omissiva . La Cassazione stabilisce che il reato può essere perpetrato anche mediante omissione, specialmente quando un soggetto (in questo caso, un Pubblico Ufficiale) ha l’obbligo giuridico di impedire l’evento (l’evasione) ma si astiene volontariamente. In questo caso, l’omissione di controlli e la mancata chiusura del cancello hanno agevolato l’evasione. Franco risponderà anche di altri reati specifici per il Pubblico Ufficiale (es. corruzione, abuso d’ufficio).

Aiuto a persona arrestata provvisoriamente (legalità dell’arresto).

Emanuele viene arrestato dalla Polizia Giudiziaria in flagranza per il reato di Resistenza a Pubblico Ufficiale. Viene condotto in camera di sicurezza in attesa della convalida del Giudice. Irene, un’amica di Emanuele, lo aiuta a fuggire dalla camera di sicurezza, convinta che il Giudice lo avrebbe rilasciato il giorno dopo, non ritenendolo colpevole. Successivamente, la Procura decide di non procedere per la resistenza, ma lo accusa solo di minacce. Irene ha commesso il reato di Procurata evasione (Art. 386 c.p.). La difesa potrebbe sostenere che l’arresto non era “legale” dato che non è poi sfociato in un’accusa per resistenza. Tuttavia, la Cassazione stabilisce che è sufficiente che l’arresto fosse oggettivamente legale al momento del fatto , anche se successivamente il titolo di reato cambia o il procedimento per quel reato specifico non viene aperto. L’aiuto all’evasione compromette la legittima custodia in essere, e questo è sufficiente per l’integrazione del reato.


5. Cosa dice la Cassazione (con spiegazione) sul reato di Procurata evasione.

Il reato di Procurata evasione (Art. 386 c.p.) sanziona l’aiuto prestato al detenuto o arrestato da parte di un soggetto esterno. La Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire aspetti fondamentali di questo delitto, in particolare stabilendo che il reato si applica anche a chi agevola la fuga da misure cautelari domiciliari (arresti domiciliari). Inoltre, la giurisprudenza ha confermato la possibilità che il reato sia commesso per omissione (ad esempio, omettendo i controlli dovuti) e ha rafforzato il principio secondo cui l’unica condizione necessaria per la punibilità è che l’arresto o la detenzione evasa fossero legali al momento del fatto.

Irrilevanza del titolo finale dell’arresto.

Massima: «Ai fini della configurabilità del delitto di procurata evasione, è sufficiente che il soggetto in cui favore la condotta venga compiuta sia “legalmente” arrestato in relazione alle circostanze obiettivamente sussistenti al momento dei fatti, anche se poi non venga aperto un procedimento penale con riferimento allo specifico reato per il quale è stata applicata la misura pre-cautelare» (Nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente motivata la decisione impugnata che aveva ravvisato il delitto di procurata evasione con riguardo a fatto commesso in favore di persona arrestata dalla polizia giudiziaria, in presenza dei presupposti di legge, per resistenza a pubblico ufficiale, e poi iscritta solo per altre fattispecie nel registro delle notizie di reato) (Cass. pen., n. 16460/2015).

Spiegazione: La Cassazione chiarisce che il reato di Procurata evasione tutela la custodia legittima in senso lato. Non è necessario che il procedimento penale si concluda con un’imputazione o una condanna per il reato specifico per il quale la persona era stata inizialmente arrestata. Ciò che conta è che, al momento dell’aiuto all’evasione, l’arresto (o la detenzione) fosse legale, ovvero in presenza dei presupposti di legge (ad esempio, arresto in flagranza). Se un terzo aiuta Tizio ad evadere dall’arresto per resistenza, ma poi il PM lo accusa solo di lesioni, il reato di Procurata evasione a carico del terzo resta valido perché l’arresto era legittimo al momento del fatto.

Agevolazione di evasione da arresti domiciliari.

Massima: «Risponde del reato di cui all’art. 386 c.p. anche colui che abbia agevolato l’evasione di una persona in stato di arresto presso la propria abitazione» (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale erano stati assolti gli imputati, sul rilievo che il reato contestato, a causa del mancato coordinamento tra gli artt. 385, comma terzo e 386 c.p. dopo la riforma introdotta con la legge n. 352 del 1982, era configurabile solo nel caso in cui il soggetto sia legalmente detenuto o arrestato con affidamento alle forze dell’ordine o alle guardie carcerarie) (Cass. pen., n. 14612/2006).

Spiegazione: Prima del 2006, vi era incertezza giurisprudenziale sul fatto che la Procurata evasione si applicasse anche agli arresti domiciliari (Art. 385, comma 3, c.p.) o solo alla detenzione in carcere. La Cassazione interviene per stabilire che il reato di Procurata evasione è perfettamente configurabile anche quando il terzo aiuta un soggetto a scappare dai domiciliari. Questo principio è fondamentale per tutelare l’autorità della misura cautelare, indipendentemente dal luogo di esecuzione (carcere o domicilio). Il terzo che, ad esempio, fornisce una scala o un cellulare per pianificare l’allontanamento da casa risponde di Procurata evasione.

Configurabilità del reato tramite omissione.

Massima: «Il reato di procurata evasione, previsto dall’art. 386 c.p. è perpetrabile anche mediante omissione» (Fattispecie in cui l’agevolazione dell’evasione di taluni reclusi era stata attuata mediante la totale omissione di controlli) (Cass. pen., n. 3251/1991).

Spiegazione: Non è necessario che l’aiuto all’evasione sia sempre un’azione attiva (dare un attrezzo, fornire un’auto). La Cassazione stabilisce che il reato può essere commesso anche in forma omissiva . Questo è particolarmente rilevante per i Pubblici Ufficiali o gli incaricati della custodia (es. agenti di polizia penitenziaria): se un agente, intenzionalmente, omette di eseguire i controlli prescritti o chiude un occhio sulla fuga, agevolando in tal modo l’evasione dei detenuti, risponde di Procurata evasione (sebbene, in questi casi, possa esserci concorso con altri reati più gravi specifici per il Pubblico Ufficiale).

Irrilevanza del mancato rientro involontario.

Massima: «Non integra l’ipotesi criminosa prevista dall’art. 386 c.p., neanche nella forma dell’agevolazione, la condotta di chi, avendo assunto l’obbligo anomalo di riaccompagnare in carcere un detenuto allo scadere del permesso concessogli ai sensi dell’art. 30 L. 26 luglio 1975, n. 354, senza facilitare in alcun modo il mancato rientro nell’istituto penitenziario, tralasci di adempierlo» (Cass. pen., n. 5241/1988).

Spiegazione: La Cassazione traccia una linea netta tra l’agevolazione intenzionale (punibile) e la semplice inosservanza di un obbligo di custodia o trasporto che non ha facilitato attivamente la fuga. Se un soggetto privato si impegna a riaccompagnare un detenuto in permesso (obbligo anomalo) ma poi, per negligenza, non lo fa, non commette Procurata evasione, a meno che non abbia attivamente agevolato la decisione o la possibilità del detenuto di non rientrare. Se l’evasione è una scelta autonoma del detenuto (che, ad esempio, scappa dal veicolo del privato), e il privato non ha fatto nulla per aiutarlo, l’omissione del riaccompagnamento di per sé non costituisce Procurata evasione.


6. Cosa fare se sei coinvolto nel reato di Procurata evasione.

Il reato di Procurata evasione (Art. 386 c.p.) è un delitto grave che colpisce la sicurezza dello Stato, con pene che vanno da sei mesi a dieci anni di reclusione nelle ipotesi più gravi (aiuto a un ergastolano). La condanna comporta in ogni caso l’interdizione dai pubblici uffici, rendendo l’intervento difensivo immediato e mirato assolutamente cruciale.

L’azione difensiva, che deve essere intrapresa il prima possibile, deve concentrarsi sui seguenti punti chiave:

  1. Cattura o Presentazione dell’Evaso: Se l’evaso non è stato ancora ricondotto alla custodia, il difensore deve agire immediatamente per convincere l’assistito a procurare la cattura o la presentazione all’Autorità Giudiziaria della persona evasa. Se ciò avviene entro tre mesi dall’evasione, la legge prevede una diminuzione obbligatoria della pena (Art. 386, comma 4, n. 2 c.p.), un beneficio difensivo di enorme valore.
  2. Qualificazione del Titolo di Custodia: È necessario verificare la legittimità dell’arresto o della detenzione al momento del fatto. Se la misura restrittiva non era legalmente valida, o se il soggetto non era un detenuto o arrestato (ad esempio, era sottoposto solo a un obbligo di firma o a un divieto di dimora), il reato potrebbe non sussistere (o rientrare in ipotesi meno gravi).
  3. Elemento Psicologico (Dolo): La difesa deve analizzare l’effettivo dolo generico, specialmente nei casi di omissione. Dimostrare che il mancato impedimento dell’evasione non fu dovuto a volontà di agevolare la fuga, ma a mera negligenza (che configura il reato in forma colposa, se previsto, o che può escludere il dolo), è un cardine della strategia.
  4. Beneficio della Tenuità del Fatto (Art. 131-bis c.p.): Nelle ipotesi meno gravi (Comma 1), se l’aiuto è stato minimo (es. fornire un piccolo aiuto non determinante) e il danno limitato, è possibile accedere alla non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Data la serietà delle pene e le immediate ripercussioni sulla fedina penale e professionale (interdizione dai pubblici uffici), l’analisi immediata, riservata e l’individuazione della strategia difensiva (anche in vista dell’attenuante per la cattura dell’evaso) sono cruciali. Contattami per una consulenza riservata a Siracusa o Catania visitando la pagina Contatti del sito.