1. Cos’è il reato di Omicidio del consenziente.
L’Omicidio del consenziente, previsto dall’Articolo 579 del Codice Penale, è un delitto contro la vita che si configura come una fattispecie attenuata rispetto all’omicidio comune (Art. 575 c.p.). Il reato si realizza quando una persona viene uccisa con il proprio consenso (anche se il consenso non rende l’atto lecito, data l’indisponibilità della vita umana).
Il legislatore punisce comunque l’autore del fatto per tutelare la vita come bene assoluto, vietando ogni forma di eutanasia attiva volontaria. La valutazione strategica del reato è cruciale, poiché il consenso deve essere valido e la condotta deve essere diretta a cagionare la morte (distinzione fondamentale con l’Istigazione al suicidio, Art. 580 c.p.).
2. Testo dell’articolo 579 codice penale: condotte punite e pene previste.
Per comprendere la natura eccezionale del delitto, è fondamentale analizzare come l’Articolo 579 del Codice Penale descrive le condotte punite e le pene previste. La norma sanziona l’uccisione commessa con il consenso della vittima, ma la pena è ridotta rispetto all’omicidio volontario (Art. 575 c.p.). L’analisi si concentra sul principio di indisponibilità della vita e sul consenso valido come elemento qualificante del reato.
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso:
1) contro una persona minore degli anni diciotto;
2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
3. Note procedurali dell’articolo 579 codice penale: arresto, misure cautelari, prescrizione…
La natura stessa del reato di Omicidio del consenziente comporta conseguenze processuali molto rigorose. È fondamentale conoscere l’applicazione dell’arresto in flagranza (che varia in base al comma), l’ammissibilità delle misure cautelari e, soprattutto, la competenza esclusiva della Corte d’Assise. Tali aspetti sono cruciali per la difesa, data la contiguità del delitto con fattispecie meno gravi come l’Istigazione al suicidio.
- Arresto in Flagranza: L’arresto è facoltativo (Art. 381 c.p.p.) per l’ipotesi base (primo comma), ma diventa obbligatorio (Art. 380 c.p.p.) per le ipotesi più gravi (terzo comma), riflettendo la variazione di pena.
- Fermo e Misure Cautelari: Il Fermo di indiziato di delitto è consentito (Art. 384 c.p.p.). Le misure cautelari personali sono pienamente ammesse (Artt. 280 e 285 c.p.p.), data la gravità del delitto contro la vita.
- Intercettazioni: Le intercettazioni telefoniche e ambientali sono consentite come mezzo di ricerca della prova (Art. 266 c.p.p.), dato il tipo di reato.
- Autorità Giudiziaria Competente: Il reato è sempre di competenza della Corte d’Assise (Art. 5, lett. b, c.p.p.), analogamente all’omicidio volontario, a conferma della serietà dell’accusa.
- Procedibilità e Udienza: Il reato è perseguibile d’ufficio (Art. 50 c.p.p.), data l’indisponibilità del bene vita. L’Udienza preliminare è prevista (Artt. 416 e 418 c.p.p.).
- Natura e Struttura del Reato: La norma tutela la vita umana, bene indisponibile. È un delitto comune, a forma di esecuzione libera (o vincolata, perfezionandosi con l’evento morte). È un reato istantaneo, consumato con il decesso della vittima.
- Elemento Soggettivo e Tentativo: È richiesto il dolo generico (consapevolezza e volontà di cagionare la morte). Il Tentativo è configurabile e punibile.
- Prescrizione e Termini Custodiali: La prescrizione è di 15 anni per l’ipotesi base. Per il terzo comma, si applicano i termini più lunghi relativi all’omicidio volontario. I termini di custodia cautelare sono medi per il primo comma e lunghi per il terzo comma.
4. Esempi di casi reali del reato di Omicidio del consenziente.
Per comprendere il rigore della giurisprudenza sull’Omicidio del consenziente, è fondamentale analizzare alcuni casi reali che chiariscono il requisito del consenso valido, attuale e persistente. Questi esempi, tratti da pronunce della Corte d’Assise e della Cassazione, illustrano come la mancanza di prova di un consenso integro porti automaticamente alla condanna per il reato più grave di omicidio volontario.
Il caso di Giuseppe e sua moglie Elena. Giuseppe somministra una dose letale alla moglie Elena, affetta da una malattia neurodegenerativa, basandosi sul desiderio espresso da lucida in passato. Il tribunale condanna Giuseppe per omicidio volontario (Art. 575 c.p.), escludendo l’Omicidio del consenziente. La strategia difensiva fallisce perché il consenso non era certo, esplicito e persistente fino al momento della morte, requisito fondamentale per la derubricazione (reato attenuato).
Il caso di Marco e il fratello Lorenzo. Lorenzo, gravemente depresso, chiede aiuto al fratello Marco per morire. Marco lo soffoca nel sonno. Marco viene condannato per omicidio volontario. Questo esempio evidenzia che il consenso non era serio e consapevole, in quanto la volontà della vittima era fortemente influenzata dalla patologia psichiatrica. La difesa deve sempre dimostrare la piena capacità di intendere e volere della vittima al momento del consenso.
Il caso di Antonio e l’amico Francesco. Antonio somministra un’iniezione letale all’amico Francesco, affetto da malattia incurabile. Nonostante il precedente accordo, Francesco aveva espresso dubbi sulla decisione poche ore prima del fatto. Il consenso della vittima non era perdurante e inequivocabile. Antonio viene condannato per omicidio volontario. La Cassazione richiede che il consenso sia valido, attuale e persistente; un ripensamento, anche se non formale, esclude la figura attenuata.
5. Cosa dice la Cassazione (con spiegazione) sul reato di Omicidio del consenziente.
La Corte di Cassazione ha fornito indicazioni fondamentali sull’interpretazione dell’Articolo 579 c.p., chiarendo il rigore con cui deve essere accertato il consenso valido, attuale e persistente della vittima. Le sue pronunce sono essenziali per definire il confine tra l’omicidio attenuato e l’Istigazione al suicidio (Art. 580 c.p.), e per valutare l’effettiva capacità di intendere e volere della persona offesa al momento del fatto.
Massima: «Affinché si configuri un’ipotesi di omicidio del consenziente, e non di omicidio volontario, è necessario che il consenso della vittima sia serio, esplicito, non ambiguo e perdurante sino al momento della commissione del fatto, in guisa da esprimere un’evidente volontà della stessa di morire, la cui prova deve essere univoca, chiara e convincente, in considerazione dell’assoluta prevalenza da riconoscersi al diritto personalissimo alla vita, non disponibile ad opera di terzi» (Cass. pen., Sez. I, n. 747/2018). Spiegazione: Per poter parlare di omicidio del consenziente e non di omicidio volontario, la vittima deve aver espresso chiaramente e in modo inequivocabile la volontà di morire. Questo consenso deve essere attuale, cioè valido fino al momento in cui viene eseguito l’atto omicida. Se il consenso è stato espresso in passato ma non è più verificabile al momento del fatto, il reato configurabile potrebbe essere omicidio volontario.
Massima: «In tema di omicidio del consenziente, il consenso è elemento costitutivo del reato, sicché ove il reo incorra in errore circa la sussistenza del consenso trova applicazione la previsione dell’art. 47 c.p., in base al quale l’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso, nel caso di specie individuabile nel delitto di omicidio volontario». (Cass. pen., Sez. I, n. 12928/2015). Spiegazione: Se una persona crede erroneamente che la vittima abbia dato il proprio consenso a essere uccisa, ma questo consenso in realtà non esiste o non è valido, il reato si trasforma in omicidio volontario. L’errore, anche se in buona fede, non elimina la responsabilità penale dell’autore del fatto.
Massima: «È configurabile il delitto di omicidio volontario, e non l’omicidio del consenziente, nel caso in cui manchi una prova univoca, chiara e convincente della volontà di morire manifestata dalla vittima, dovendo in tal caso riconoscersi assoluta prevalenza al diritto alla vita, quale diritto personalissimo che non attribuisce a terzi (nella specie ad un familiare) il potere di disporre, anche in base alla propria percezione della qualità della vita, dell’integrità fisica altrui» (Cass. pen., Sez. I, n. 43954/2010). Spiegazione: Se non si riesce a dimostrare con certezza che la vittima ha espresso il desiderio di morire, allora si applica la regola generale secondo cui la vita è un bene indisponibile. Questo significa che nessuno, nemmeno un familiare stretto, può decidere di porre fine alla vita di un altro sulla base della propria percezione della sua qualità di vita.
Massima: «L’omicidio del consenziente presuppone un consenso non solo serio, esplicito e non equivoco, ma perdurante anche sino al momento in cui il colpevole commette il fatto» (Cass. pen., Sez. I, n. 32851/2008). Spiegazione: Anche se una persona ha dichiarato di voler morire in passato, ciò non basta per configurare l’omicidio del consenziente. Il consenso deve essere attuale e valido fino all’ultimo istante. Se la vittima cambia idea, anche solo poco prima dell’atto, e il suo rifiuto non viene rispettato, l’omicidio non sarà considerato “del consenziente” ma volontario.
Massima: «È configurabile il delitto di omicidio volontario, e non l’omicidio del consenziente, nel caso in cui il soggetto passivo sia affetto da una patologia psichica che incida sulla piena e consapevole formazione del consenso alla propria eliminazione fisica: in difetto di elementi di prova univoci circa la effettiva e consapevole volontà della vittima di morire, deve, infatti, attribuirsi prevalenza al diritto alla vita, indipendentemente dal grado di salute, di autonomia e di capacità di intendere e volere della vittima, e della percezione che altri possono avere della qualità della sua vita» (Cass. pen., Sez. I, n. 13410/2008). Spiegazione: Se la vittima soffre di disturbi psichici che influenzano la sua capacità di decidere in modo consapevole, il suo consenso a essere uccisa non è valido. In questi casi, anche se la persona ha manifestato l’intenzione di morire, il reato sarà considerato omicidio volontario e non omicidio del consenziente.
Massima: «Il discrimine tra il reato di omicidio del consenziente e quello di istigazione o aiuto al suicidio va individuato nel modo in cui viene ad atteggiarsi la condotta e la volontà della vittima in rapporto alla condotta dell’agente: si avrà omicidio del consenziente nel caso in cui colui che provoca la morte si sostituisca in pratica all’aspirante suicida, pur se con il consenso di questi, assumendone in proprio l’iniziativa, oltre che sul piano della causazione materiale, anche su quello della generica determinazione volitiva» (Cass. pen., Sez. I, n. 3147/1998). Spiegazione: Se una persona aiuta qualcuno a togliersi la vita (ad esempio fornendo i mezzi per il suicidio), si configura il reato di istigazione o aiuto al suicidio. Se invece è l’autore stesso a eseguire materialmente l’atto omicida, si tratta di omicidio del consenziente.
Massima: «Per il riconoscimento dell’attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale non è sufficiente che i motivi del reato siano genericamente apprezzabili o positivamente valutabili da un punto di vista etico o sociale. […] In tema di eutanasia, le discussioni tuttora esistenti sulla sua condivisibilità sono sintomatiche della mancanza di un generale suo attuale apprezzamento positivo, risultando anzi larghe fasce di contrasto nella società italiana contemporanea» (Cass. pen., Sez. I, n. 2501/1990). Spiegazione: Il fatto che l’omicidio del consenziente possa essere motivato da ragioni etiche o sociali (ad esempio, la volontà di alleviare sofferenze estreme) non esclude la responsabilità penale. La legge italiana non riconosce come attenuante il valore morale di un atto del genere, poiché il dibattito sull’eutanasia è ancora aperto e non esiste un consenso unanime in merito.
6. Cosa fare se sei coinvolto nel reato di Omicidio del consenziente.
L’Omicidio del consenziente si distingue dall’Omicidio Volontario solo se la vittima ha espresso un consenso chiaro, esplicito e persistente fino al momento dell’atto. La Cassazione è rigorosa: il consenso non deve essere viziato da patologie psichiche o dubbi, e il reo deve aver eseguito direttamente l’atto letale (distinzione fondamentale dall’Istigazione al suicidio, Art. 580 c.p.). In assenza di un consenso univoco, il fatto è trattato come omicidio volontario, con conseguenze massimamente gravi.
L’intento morale di alleviare le sofferenze non è un’attenuante legalmente riconosciuta. Il nostro studio è specializzato nell’analisi di questa delicata linea di confine, essenziale per la difesa in Corte d’Assise. Per ricevere assistenza immediata e costruire una strategia di difesa adeguata a Siracusa o Catania, visita la pagina Contatti del nostro sito per richiedere una consulenza riservata.
