1. Cos’è il reato di Colpa del custode.
Il reato di Colpa del custode, disciplinato dall’Articolo 387 del Codice Penale, punisce il comportamento del soggetto che, pur essendo incaricato della vigilanza di un arrestato o di un detenuto, ne provochi l’evasione per pura disattenzione o negligenza. A differenza delle fattispecie analizzate in precedenza, in questo caso l’evento (la fuga) non è voluto dal custode, ma è la conseguenza di una condotta imprudente o della violazione di specifici doveri d’ufficio.
Questa figura criminosa non è un reato che può essere commesso da chiunque, ma è un cosiddetto reato proprio. Può infatti esserne responsabile solo chi è “preposto per ragione del suo ufficio alla custodia” del soggetto ristretto. Tipicamente, i soggetti attivi sono appartenenti alla Polizia Penitenziaria, ai Carabinieri o alla Polizia di Stato, ma la norma si estende a chiunque abbia assunto legalmente l’obbligo di sorveglianza, anche solo in via temporanea.
L’elemento che distingue nettamente questo reato dalla Procurata evasione (Art. 386 c.p.) è l’assenza di volontà. Mentre nella procurata evasione il terzo agisce con l’intenzione di far scappare il detenuto, nell’Articolo 387 c.p. il custode è punito per la sua colpa. Si parla quindi di negligenza (come lasciare una porta aperta per sbadataggine), imperizia o inosservanza di regolamenti e ordini di servizio che avrebbero dovuto impedire la fuga.
La legge prevede per questo delitto la pena della reclusione fino a tre anni o, in alternativa, la multa da euro 103 a euro 1.032. Tuttavia, il legislatore ha inserito una clausola di particolare favore per il custode: se quest’ultimo, entro tre mesi dall’evasione, riesce a far catturare la persona fuggita o a ottenerne la presentazione spontanea all’Autorità, il reato non è più punibile. Si tratta di una causa di esclusione della punibilità che premia il ravvedimento operoso del custode volto a ripristinare la legalità violata.
2. Testo dell’articolo 387 codice penale: condotte punite e pene previste.
L’Articolo 387 del Codice Penale disciplina una fattispecie di reato “proprio”, che può essere commesso esclusivamente da chi riveste il ruolo di custode. A differenza della procurata evasione, qui il legislatore non punisce l’intenzione di liberare un detenuto, bensì la negligenza o l’imprudenza nello svolgimento delle proprie funzioni. La norma stabilisce un equilibrio tra il rigore sanzionatorio e la possibilità di riparare all’errore: il custode, infatti, ha a disposizione un “bonus” temporale di tre mesi per rimediare all’evasione e andare esente da ogni pena.
Chiunque, preposto per ragione del suo ufficio alla custodia, anche temporanea, di una persona arrestata o detenuta per un reato, ne cagiona, per colpa, l’evasione, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Il colpevole non è punibile se nel termine di tre mesi dall’evasione procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all’Autorità.
3. Note procedurali dell’articolo 387 codice penale: arresto, misure cautelari, prescrizione…
Il reato di Colpa del custode (Art. 387 c.p.) si distingue nettamente dalle altre ipotesi di evasione per l’assenza di volontà criminale in capo all’autore. Questa natura colposa determina un regime processuale significativamente meno rigoroso: non essendo previste misure come l’arresto, il fermo o le intercettazioni, il legislatore si concentra maggiormente sulla verifica della negligenza professionale. Resta fondamentale, tuttavia, l’aspetto della causa di non punibilità, che offre al custode un’occasione concreta per rimediare all’errore commesso entro un termine prestabilito, evitando così le pesanti conseguenze di una condanna penale.
- Arresto e Fermo: Trattandosi di un reato colposo con pene edittali basse, l’arresto in flagranza non è consentito, così come non è ammesso il fermo di indiziato di delitto.
- Misure Cautelari Personali: Non è possibile applicare misure cautelari coercitive (come la custodia in carcere o gli arresti domiciliari) durante la fase delle indagini.
- Intercettazioni: Poiché i limiti di pena sono ridotti, le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (Art. 266 c.p.p.) non sono ammesse come mezzo di ricerca della prova per questa fattispecie.
- Autorità Giudiziaria Competente: La competenza spetta al Tribunale monocratico (Art. 33-ter c.p.p.).
- Procedibilità e Udienza: Il reato è perseguibile d’ufficio (Art. 50 c.p.p.), ma l’udienza preliminare non è prevista (Art. 550 c.p.p.); si procede quindi con citazione diretta a giudizio.
- Bene Tutelato e Tipologia: Il bene protetto è il regolare svolgimento dell’attività giudiziaria attraverso l’effettivo assoggettamento del detenuto alla potestà statale. Si tratta di un reato proprio, in quanto può essere commesso solo da chi riveste la qualifica di custode.
- Forma e Perfezionamento: È un reato a forma libera (qualsiasi negligenza che porti alla fuga è punibile) e si perfeziona con l’evento (l’effettiva evasione del soggetto custodito).
- Elemento Psicologico: La struttura del reato si fonda esclusivamente sulla colpa (negligenza, imprudenza, imperizia o violazione di norme).
- Tentativo: Nel delitto di colpa del custode il tentativo non è configurabile, poiché la colpa e il tentativo sono concettualmente incompatibili tra loro.
- Prescrizione: Il termine di prescrizione ordinario è di 6 anni.
- Pena Accessoria: In caso di condanna, può essere applicata l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego, secondo quanto previsto dall’Art. 31 c.p. per i delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione.
- Benefici Processuali: Sono ammesse sia la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto (Art. 131-bis c.p.), sia la richiesta di messa alla prova (Art. 168-bis c.p.).
4. Esempi di casi reali del reato di Colpa del custode.
Per comprendere appieno i confini della responsabilità penale nell’ipotesi di Colpa del custode (Art. 387 c.p.), è utile analizzare alcune dinamiche concrete che possono verificarsi durante il servizio di vigilanza. Il discrimine tra una condotta punibile e una penalmente irrilevante risiede spesso nella capacità della Procura di dimostrare che l’evasione sia stata l’effetto diretto di una specifica negligenza dell’agente. Attraverso questi scenari tipici, vedremo come l’assenza di un nesso causale o l’attivazione della speciale causa di non punibilità possano determinare l’esito di un procedimento giudiziario.
Esempi dal punto di vista del presunto autore.
La violazione regolamentare senza nesso causale (l’assenza di reato).
L’agente Antonio era incaricato della traduzione di un detenuto in ospedale. Per la fretta, aveva omesso di compilare correttamente il registro delle presenze del personale di scorta, violando una norma del regolamento interno. Durante il tragitto, un’auto ha centrato il furgone della polizia; nel caos causato dall’incidente, il detenuto è riuscito a scappare tra le lamiere. In questo caso, la condotta di Antonio non integra il reato. Sebbene vi sia stata una violazione formale (la mancata firma), essa non ha cagionato l’evasione. La fuga è stata provocata dall’incidente stradale imprevedibile, non dalla mancanza di un modulo compilato. Manca, dunque, il nesso di causalità “all’evidenza riconoscibile” richiesto dalla Suprema Corte.
La sosta non autorizzata (il nesso di causalità sussistente).
L’agente Roberto, durante il trasferimento di un arrestato, aveva deciso di fermarsi per pochi istanti in un bar, lasciando il soggetto nell’auto di servizio con la sicura inserita ma senza sorveglianza visiva diretta. In quei pochi minuti, il soggetto era riuscito a forzare la portiera e a dileguarsi. Roberto ha cercato di difendersi sostenendo che la serratura era difettosa. In questo scenario, il reato è configurabile poiché la scelta di Roberto di allontanarsi (negligenza e violazione degli ordini di vigilanza) è la causa diretta che ha permesso al detenuto di agire indisturbato. Senza quella sosta non autorizzata, l’evasione non si sarebbe verificata. Qui il legame tra la colpa del custode e l’evento è evidente.
L’omissione del controllo fisico (la possibilità di ravvedimento).
L’agente Stefano, al termine di un turno particolarmente stanco, aveva omesso di verificare fisicamente la chiusura di un cancello dell’area di passeggio, limitandosi a un controllo visivo a distanza. Un detenuto, accortosi che il battente non era scattato correttamente, era riuscito a uscire. Stefano rischia la condanna perché la sua omissione (mancato controllo fisico previsto dai protocolli) ha creato l’occasione materiale per l’evasione. Tuttavia, la strategia difensiva può puntare sulla causa di non punibilità: se Stefano collabora attivamente e l’evaso viene catturato o si presenta all’Autorità entro tre mesi, non sarà punibile ai sensi dell’Art. 387 c.p..
5. Cosa dice la Cassazione (con spiegazione) sul reato di Colpa del custode.
La Corte di Cassazione ha fornito nel tempo chiarimenti essenziali per evitare che il reato di Colpa del custode (Art. 387 c.p.) si trasformi in una forma di responsabilità automatica per chiunque sia incaricato di una vigilanza. La giurisprudenza di legittimità sottolinea con forza che non basta una semplice irregolarità amministrativa per far scattare la sanzione penale: è indispensabile dimostrare il nesso di causalità, ovvero che l’evasione sia stata la conseguenza diretta e prevedibile di una specifica negligenza. Attraverso l’analisi delle sentenze, emerge chiaramente come la difesa debba puntare sulla scindibilità tra il comportamento dell’agente e l’azione, spesso imprevedibile o astuta, del detenuto fuggiasco.
Il nesso di causalità tra negligenza ed evasione effettiva.
Massima: «Ai fini dell’integrazione del reato di colpa del custode di cui all’art. 387 c.p. è necessario che sussista, e sia all’evidenza riconoscibile, il nesso di causalità tra l’evasione della persona sottoposta a custodia e il fatto addebitato all’agente» (Fattispecie relativa all’inosservanza di norme regolamentari da parte degli agenti di polizia penitenziaria, nel corso del servizio di traduzione di un detenuto dall’istituto di pena ove si trovava ristretto al locale nosocomio) (Cass. pen., n. 25979/2010).
Spiegazione: Questa sentenza è fondamentale perché stabilisce che, per condannare un custode, non basta dimostrare che egli sia stato negligente o che abbia violato un regolamento. Bisogna provare che proprio quella specifica negligenza sia stata la causa diretta che ha permesso al detenuto di fuggire.
In termini giuridici, deve esserci un nesso di causalità “all’evidenza riconoscibile”. Se, ad esempio, un agente di Polizia Penitenziaria viola una norma procedurale durante il trasporto di un detenuto in ospedale (come nel caso affrontato dalla Corte), ma l’evasione avviene per un evento imprevedibile, eccezionale o del tutto indipendente da quella violazione, l’agente non può essere punito ai sensi dell’Art. 387 c.p. La colpa del custode non è una responsabilità “automatica” (oggettiva), ma richiede la prova che, senza quella disattenzione, l’evasione non si sarebbe verificata.
6. Cosa fare se sei coinvolto nel reato di Colpa del custode.
Il reato di Colpa del custode (Art. 387 c.p.) è una fattispecie che colpisce i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio in un momento di estrema vulnerabilità professionale. Sebbene sia un delitto colposo, le conseguenze possono essere pesanti, non solo per la pena prevista (reclusione fino a tre anni), ma soprattutto per le ripercussioni disciplinari e il rischio di estinzione del rapporto di impiego (Art. 31 c.p.).
Se ti trovi coinvolto in un’indagine per questo reato, l’azione difensiva deve essere immediata e puntare su questi pilastri:
- Attivazione della Causa di Non Punibilità: Questo è lo strumento difensivo più potente. Se l’evasione è avvenuta da poco, hai tre mesi di tempo per adoperarti attivamente e procurare la cattura o la presentazione spontanea dell’evaso all’Autorità. Se l’obiettivo viene raggiunto entro questo termine, per legge non sei punibile. È fondamentale documentare ogni sforzo compiuto in tal senso;
- Contestazione del Nesso di Causalità: Come indicato dalla Cassazione (sent. n. 25979/2010), la difesa deve verificare se la tua presunta negligenza sia stata davvero la causa dell’evasione. Se la fuga è avvenuta per un evento imprevisto, per l’astuzia eccezionale del detenuto o per un malfunzionamento tecnico, il reato non sussiste perché manca il nesso causale tra la tua condotta e l’evento;
- Valutazione della Particolare Tenuità del Fatto: Trattandosi di un reato con pena edittale contenuta, è possibile richiedere l’applicazione dell’Art. 131-bis c.p. Se la disattenzione è stata minima e non ha causato un grave pericolo, si può puntare all’archiviazione o al proscioglimento per tenuità del fatto;
- Richiesta di Messa alla Prova (MAP): Qualora gli elementi a carico siano significativi, il percorso della Messa alla Prova (Art. 168-bis c.p.p.) rappresenta un’ottima soluzione per giungere all’estinzione del reato, evitando la condanna e salvaguardando, ove possibile, la posizione lavorativa.
La difesa in questi casi richiede una profonda conoscenza delle dinamiche del servizio di custodia e dei protocolli operativi. Contattami per una consulenza riservata a Siracusa o Catania visitando la pagina Contatti del sito.
