Reato di Frode in processo penale e depistaggio – Articolo 375 codice penale

1. Cos’è il reato di Frode in processo penale e depistaggio.

Il reato di Frode in processo penale e depistaggio, introdotto dall’Articolo 375 del Codice Penale, è un delitto di particolare gravità contro l’Amministrazione della Giustizia, creato specificamente per sanzionare le condotte di inquinamento probatorio e depistaggio commesse da soggetti qualificati.

A differenza della Frode processuale (Art. 374 c.p.), che è un reato comune, l’Art. 375 c.p. è un reato proprio: può essere commesso solo da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio che agisce al fine di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale (dolo specifico aggravato).

Il reato sanziona due condotte principali:

  1. Immutazione Materiale (Lett. a): Manipolare artificiosamente il corpo del reato o lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone (simile, ma più grave, alla condotta del Art. 374 c.p.).
  2. False Dichiarazioni (Lett. b): Affermare il falso, negare il vero o tacere su richiesta dell’Autorità Giudiziaria o della Polizia Giudiziaria.

La pena base è elevatissima (reclusione da tre a otto anni), ed è aggravata se il depistaggio avviene con mezzi insidiosi (come la distruzione o l’occultamento di documenti) o se riguarda reati gravi (es. mafia o terrorismo). La condanna, inoltre, comporta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.


2. Testo dell’articolo 375 codice penale: condotte punite e pene previste.

L’Articolo 375 del Codice Penale sanziona il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della propria funzione, pone in essere condotte di depistaggio per sviare le indagini penali. È fondamentale analizzare il testo per comprendere come questo reato proprio colpisca sia la manipolazione materiale (immutazione di luoghi o prove) sia la falsità dichiarativa. Particolare attenzione deve essere posta all’elevato livello sanzionatorio (reclusione da tre a otto anni) e alle aggravanti previste in caso di utilizzo di mezzi particolarmente insidiosi o di reati di criminalità organizzata.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a otto anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, al fine di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale:

a) immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato;

b) richiesto dall’autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito.

Se il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento, la pena è aumentata da un terzo alla metà.

Se il fatto è commesso in relazione a procedimenti concernenti i delitti di cui agli articoli 270, 270 bis, 276, 280, 280 bis, 283, 284, 285, 289 bis, 304, 305, 306, 416 bis, 416 ter e 422 o i reati previsti dall’articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, ovvero i reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque tutti i reati di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.

La pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell’individuazione degli autori.

Le circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 e dal quarto comma, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo e al terzo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste ultime e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.

La condanna alla reclusione superiore a tre anni comporta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La pena di cui ai commi precedenti si applica anche quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio siano cessati dal loro ufficio o servizio.

La punibilità è esclusa se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle indagini e ai processi della Corte penale internazionale in ordine ai crimini definiti dallo Statuto della Corte medesima.


3. Note procedurali dell’articolo 375 codice penale: arresto, misure cautelari, prescrizione…

Le conseguenze penali e processuali del reato di Frode in processo penale e depistaggio (Art. 375 c.p.) sono significativamente più gravi rispetto alla Frode processuale (Art. 374 c.p.). Data la pena edittale elevata (fino a otto anni, che può arrivare a dodici con l’aggravante del terzo comma), il regime procedurale è di massima severità: si applicano pienamente il fermo, le intercettazioni e le misure cautelari personali più afflittive. È fondamentale analizzare i termini di prescrizione, che possono estendersi fino a 24 anni, e il diverso regime di competenza (monocratico o collegiale) a seconda delle aggravanti.

  • Arresto e Fermo: L’arresto in flagranza è facoltativo (Art. 381 c.p.p.). Il fermo di indiziato di delitto è consentito (Art. 384 c.p.p.), tranne quando ricorra l’attenuante della collaborazione (comma 4).
  • Misure Cautelari Personali: Le misure cautelari sono consentite (Artt. 280, 287 c.p.p.). Tuttavia, se è applicabile l’attenuante del comma 4 (collaborazione), la custodia in carcere non è ammessa con riguardo all’ipotesi base (comma 1).
  • Intercettazioni: Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni sono consentite (Art. 266 c.p.p.) data l’elevata pena edittale, che rientra ampiamente nei limiti previsti.
  • Autorità Giudiziaria Competente: La competenza varia in base alla gravità del fatto: a) Tribunale monocratico (Art. 33-ter c.p.p.) per l’ipotesi base (comma 1); b) Tribunale collegiale (Art. 33-bis c.p.p.) per le ipotesi aggravate (commi 2 e 3).
  • Procedibilità e Udienza: Il reato è perseguibile d’ufficio (Art. 50 c.p.p.) e l’Udienza preliminare è prevista (Artt. 416, 418 c.p.p.).
  • Pena e Prescrizione (Differenziate): Il termine di prescrizione e i termini custodiali (brevi o medi) dipendono direttamente dalla pena prevista per le diverse ipotesi: Comma 1 (Base, 3-8 anni): Prescrizione 8 anni; Comma 2 (Aggravante dei mezzi insidiosi): Prescrizione 12 anni; Comma 3 (Aggravante dei reati gravi, 6-12 anni): Prescrizione 24 anni (ai sensi dell’Art. 157, comma 6, c.p., che raddoppia i termini per i delitti più gravi).
  • Termini Custodiali: Sono medi nelle ipotesi ordinarie e aggravate, ma si riducono a brevi se ricorre l’attenuante della collaborazione (comma 4).
  • Bene Tutelato e Tipologia: Il bene tutelato è l’Amministrazione della giustizia. È un reato proprio (commesso solo da P.U. o I.P.S.).
  • Dolo e Tentativo: È richiesto il dolo specifico (impedire, ostacolare o sviare l’indagine). Il Tentativo è configurabile in linea di massima, ma è escluso per la condotta di false dichiarazioni (lettera b) in quanto trattasi di un reato di pura condotta.
  • Benefici: La Messa alla prova (Art. 168-bis c.p.) è non concedibile data la pena edittale minima (3 anni). La Declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto (Art. 131-bis c.p.) è possibile solo nel caso dell’attenuante del comma 4 (collaborazione), che riduce la pena.

4. Esempi di casi reali del reato di Frode in processo penale e depistaggio.

Il reato di Frode in processo penale e depistaggio (Art. 375 c.p.) è un delitto severissimo mirato a sanzionare l’abuso di potere da parte di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. L’analisi di casi reali è cruciale per comprendere come la Cassazione interpreti il dolo specifico (il fine di sviare l’indagine) e il nesso funzionale con l’ufficio. Questi esempi illustrano l’applicazione del reato non solo all’alterazione materiale della prova, ma anche alla menzogna dichiarativa resa anche quando l’indagine è ancora nella sua fase embrionale.

Esempi dal punto di vista del presunto autore.

Alterazione materiale in assenza di incarico formale (nesso funzionale).

Capitano Bianchi, comandante di una stazione dei Carabinieri, viene a conoscenza di un’indagine in corso su un suo collega. Utilizzando le sue chiavi di accesso all’ufficio reperti (grazie alla sua qualifica, sebbene non sia lui l’incaricato diretto del fascicolo), sostituisce parte di un reperto digitale con un file innocuo, al fine di sviare l’indagine che lo riguarda indirettamente. Il Capitano Bianchi risponde del reato di Depistaggio (Art. 375 c.p.), lett. a. La Cassazione richiede il nesso funzionale tra la sua qualifica (pubblico ufficiale) e l’atto. Anche se non era formalmente assegnato a quell’indagine, ha usato la posizione istituzionale e l’accesso che ne deriva per compiere l’immutazione del corpo del reato.

False dichiarazioni a inchiesta non iniziata (consumazione anticipata).

Dott. Rossi, funzionario di polizia giudiziaria, è coinvolto in un incidente stradale causato da un collega. Sapendo che il collega rischia un grave procedimento penale, e prima ancora che la Procura apra ufficialmente un fascicolo (solo poche ore dopo l’evento), il Dott. Rossi rilascia un verbale di sommarie informazioni fittizio alla Polizia stradale intervenuta, affermando falsamente che il collega era fermo al momento dell’impatto. Dott. Rossi commette Depistaggio (Art. 375 c.p.) lett. b. La Cassazione stabilisce che la condotta depistante può riguardare anche un procedimento penale ancora da iniziarsi. L’atto (il verbale falso) è idoneo a generare il pericolo di inganno e a sviare l’indagine, anche se questa non è stata ancora formalmente iscritta. È sufficiente che la menzogna sia compiuta al fine di ostacolare il potenziale futuro processo.

Inquinamento con consapevolezza generica (dolo specifico).

Assistente Caio, tecnico incaricato di vigilare sulla sicurezza in un cantiere pubblico, è presente quando un incidente espone il Comune a un’accusa di negligenza. Sebbene Caio non sappia esattamente quale capo d’imputazione sarà contestato (lesioni colpose o omicidio colposo), nasconde i registri di manutenzione incompleti della macchina coinvolta. Lo fa con la consapevolezza che i registri avrebbero comunque un effetto inquinante sull’indagine. L’Assistente Caio risponde di Depistaggio. Non è necessaria la rappresentazione dello specifico reato che si vuole sviare (es. omicidio colposo). È sufficiente la consapevolezza che la condotta manipolatrice (occultamento di documenti, aggravante ex comma 2) è suscettibile di incidere con effetto inquinante su una indagine o processo penale.


5. Cosa dice la Cassazione (con spiegazione) sul reato di Frode in processo penale e depistaggio.

La Corte di Cassazione ha avuto il compito di definire la complessa struttura del reato di Frode in processo penale e depistaggio (Art. 375 c.p.). Le sue pronunce sono fondamentali per chiarire il nesso funzionale necessario tra la qualifica di pubblico ufficiale e l’atto di depistaggio, ribadendo che il reato colpisce l’inquinamento probatorio (sia materiale che dichiarativo) anche in fase antecedente all’indagine formale. La giurisprudenza ha inoltre evidenziato come la severità della norma giustifichi la possibilità che il privato, ingiustamente danneggiato, possa essere considerato persona offesa, superando il principio generale applicato ad altri reati contro la giustizia.

Consumazione e idoneità anche antecedente.

Massima: «Nel delitto di depistaggio materiale, la condotta depistante commessa, al fine di impedire un’indagine o un processo penale, mediante la immutazione del corpo di reato o la formazione di un falso documento, può riguardare anche un procedimento penale ancora da iniziarsi, purché sia idonea ad ingenerare un pericolo di inganno ovvero a condizionare l’accertamento della verità processuale» (Cass. pen., n. 7572/2023).

Spiegazione: Questa massima stabilisce che il reato di depistaggio non richiede necessariamente che un’indagine o un processo siano formalmente iniziati. È sufficiente che la condotta manipolativa (immutazione del corpo del reato o creazione di un falso documento) sia idonea a ingenerare un pericolo di inganno futuro o a condizionare l’accertamento della verità. Ciò estende l’applicabilità dell’articolo 375 c.p. a quella fase delicata e preliminare in cui gli agenti (pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio) agiscono immediatamente dopo un evento criminoso per coprire le tracce, prima che l’autorità giudiziaria intervenga.

Nesso funzionale e consapevolezza generica.

Massima: «Il delitto di depistaggio materiale postula, sul piano oggettivo, l’esistenza di un nesso funzionale tra il fatto realizzato dal soggetto agente e il pubblico ufficio o servizio di cui lo stesso è investito e, su quello soggettivo, la consapevolezza che la condotta manipolatrice sia suscettibile di incidere con effetto inquinante su un’indagine in corso, non essendo necessaria, invece, la rappresentazione dello specifico reato rispetto al quale la condotta genera un tale effetto» (Cass. pen., n. 34271/2022).

Spiegazione: La Cassazione chiarisce due elementi chiave:

Dolo Specifico: Non è richiesto che il pubblico ufficiale sapesse esattamente quale reato stava cercando di coprire o sviare (es. omicidio, concussione, ecc.). È sufficiente la consapevolezza generica che la sua condotta avrà un effetto inquinante su una indagine o processo penale.

Nesso Funzionale: Il pubblico ufficiale deve aver commesso l’atto di depistaggio in ragione del suo ufficio. L’atto non deve essere necessariamente compiuto nell’esercizio delle sue funzioni, ma deve esserci un collegamento funzionale tra il suo ruolo (es. agente di polizia giudiziaria sul luogo del crimine) e la possibilità di alterare la prova.

Duplice condotta e reato di pericolo.

Massima: «Integra il delitto di depistaggio la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, allo scopo di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale, modifichi il corpo del reato, lo stato dei luoghi… in maniera idonea a generare il pericolo di inganno, o formuli affermazioni false o reticenti» (Cass. pen., n. 23375/2020).

Spiegazione: Questa pronuncia ribadisce la natura complessa e duplice del reato:

Condotta Dichiarativa: L’atto di affermare il falso o tacere (lettera b) è un reato di pura condotta (o di pericolo concreto), sanzionando il pubblico ufficiale che inquina le indagini con menzogne o reticenze. La massima conferma che il depistaggio copre entrambe le forme di inquinamento probatorio: l’alterazione fisica e la menzogna dichiarativa.

Condotta Materiale: La manipolazione di prove o luoghi (lettera a) è un reato di pericolo. Non è necessario che l’inganno si realizzi, ma solo che la condotta sia idonea a generarlo.

Qualifica e connessione funzionale.

Massima: «Nel delitto di frode in processo penale e depistaggio, punito dall’art. 375 c.p., come novellato dalla L. n. 133 del 2016, si richiede che la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, soggetti attivi del reato, preesista alle indagini o allo svolgimento del processo penale che il reo intende sviare e che sia in rapporto di connessione funzionale con l’accertamento che si assume inquinato» (Cass. pen., n. 24557/2017).

Spiegazione: Questa massima rafforza il carattere di reato proprio. L’agente deve possedere la qualifica di pubblico ufficiale o I.P.S. prima di iniziare l’attività di depistaggio. Inoltre, l’atto deve essere funzionalmente collegato all’indagine o al processo. Questo evita di sanzionare, ad esempio, un ex pubblico ufficiale che compie atti di depistaggio senza sfruttare più la sua ex posizione istituzionale (anche se il comma 7 estende la punibilità a chi è cessato dall’ufficio). Il nesso funzionale esclude che un P.U. commetta il reato in veste meramente privata.

Soggetto offeso: non solo lo Stato.

Massima: «Nei delitti contro l’amministrazione della giustizia deve essere considerata quale persona offesa del reato sia lo Stato… sia quel soggetto la cui sfera giuridica risulti direttamente ed immediatamente lesa dalla descrizione della fattispecie astratta. Tale situazione ricorre anche nel reato di falsa perizia di cui all’art. 373 c.p. nel quale la persona offesa non sempre è soltanto lo Stato. La falsa perizia può, infatti, ledere in via diretta e immediata l’altrui sfera giuridica, potendo arrecare offesa all’onore, alla libertà personale o al patrimonio del privato, come è dato evincere dal chiaro dettato dell’art. 375 c.p. il quale prevede, quale circostanza aggravante specifica, un aumento modulato della pena “se dal fatto deriva una condanna“» (Cass. pen., n. 1096/1999).

Spiegazione: Sebbene questa massima sia antecedente all’introduzione specifica dell’Art. 375 c.p., è rilevante perché ne anticipa il principio. La Corte stabilisce che i delitti contro la giustizia (come la falsa perizia, o per estensione il depistaggio) possono ledere direttamente anche la sfera giuridica del privato. La previsione di un’aggravante specifica (Art. 375, comma 3, c.p. e Art. 375, comma 4, c.p. del testo storico) nel caso in cui dal depistaggio derivi una condanna ingiusta, dimostra che il legislatore considera la persona condannata ingiustamente come soggetto direttamente leso e dunque potenzialmente persona offesa dal depistaggio, e non solo mero danneggiato. Questo è un elemento critico per la costituzione di parte civile e per la legittimazione processuale del privato.


6. Cosa fare se sei coinvolto nel reato di Frode in processo penale e depistaggio.

Il reato di Frode in processo penale e depistaggio (Art. 375 c.p.) è uno dei delitti più gravi nel nostro codice, con una pena base che va da tre a otto anni di reclusione e che comporta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici in caso di condanna.

L’intervento difensivo deve essere immediato e mirato, focalizzandosi su questi aspetti chiave:

  1. Mancanza del Dolo Specifico: Dimostrare che l’azione (immutazione o falsa dichiarazione) non era finalizzata a impedire, ostacolare o sviare l’indagine. Ad esempio, che l’alterazione non aveva la consapevolezza di incidere su un’indagine in corso o futura (Massima n. 34271/2022).
  2. Difetto di Qualifica o Nesso Funzionale: Verificare che l’atto depistante sia stato commesso nell’esercizio o a causa delle funzioni di pubblico ufficiale o I.P.S. Se l’atto è puramente privato, la fattispecie potrebbe non sussistere (Massima n. 24557/2017).
  3. Collaborazione Attiva (Attenuante del Comma 4): L’unica via per una riduzione significativa della pena è l’utilizzo dell’attenuante a effetto speciale prevista dal comma 4: adoperarsi per ripristinare lo stato originario delle prove e aiutare l’Autorità nella ricostruzione del fatto. Questa collaborazione può ridurre la pena della metà a due terzi, rendendo la pena molto più gestibile.

Data l’elevata pena, la complessità delle aggravanti (prescrizione fino a 24 anni) e la possibilità di applicare la custodia cautelare, è indispensabile agire con la massima urgenza. Per un’analisi immediata, riservata e per costruire una strategia difensiva solida a Siracusa o Catania, contattami per una consulenza riservata visitando la pagina Contatti del sito.