1. Cos’è il reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.
Il reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, previsto dall’Articolo 611 del Codice Penale, si configura quando un soggetto, tramite violenza o minaccia, obbliga un’altra persona a commettere un reato specifico (il reato scopo), compromettendo la sua libertà morale e decisionale.
Questo delitto è caratterizzato da un dolo specifico che lo distingue dalla semplice Violenza privata (Art. 610 c.p.), la quale manca di tale finalità. La legge punisce con severità l’autore della coazione, in quanto la condotta lede non solo la libertà della vittima, ma anche l’interesse dello Stato a prevenire la commissione di ulteriori crimini.
2. Testo dell’articolo 611 codice penale: condotte punite e pene previste.
Per comprendere la struttura e la gravità del delitto, è fondamentale analizzare come l’Articolo 611 del Codice Penale sanzioni l’uso di violenza o minaccia con un dolo specifico estremamente preciso: costringere la vittima a commettere un altro reato. La pena è elevata poiché il Codice Penale colpisce due interessi fondamentali: la libertà morale dell’individuo e l’interesse dello Stato a prevenire ulteriori crimini.
Chiunque usa violenza o minaccia per costringere o determinare altri a commettere un fatto costituente reato è punito con la reclusione fino a cinque anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339.
3. Note procedurali dell’articolo 611 codice penale: arresto, misure cautelari, prescrizione…
Dal punto di vista processuale, il reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (Art. 611 c.p.) presenta un regime cautelare blando per il reato base: l’arresto e il fermo non sono consentiti. Tuttavia, la disciplina è procedibile d’ufficio e richiede la prova rigorosa del dolo specifico dell’agente (l’intenzione di far commettere un altro reato), rendendo l’analisi processuale fondamentale per la difesa.
- Arresto in Flagranza: L’arresto è facoltativo in flagranza (Art. 381 c.p.p.).
- Fermo di Indiziato di Delitto: Lo strumento del fermo non è consentito in nessun caso.
- Misure Cautelari Personali e Intercettazioni: Le misure cautelari personali sono consentite (Artt. 280 e 287 c.p.p.), permettendo restrizioni della libertà personale (anche custodia cautelare) laddove ne ricorrano i presupposti. Le Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni non sono ammesse come mezzo di ricerca della prova (Art. 266 c.p.p.).
- Autorità Giudiziaria Competente: La competenza spetta al Tribunale monocratico (Art. 33-ter c.p.p.).
- Procedibilità e Giudizio: Il reato è perseguibile d’ufficio (Art. 50 c.p.p.). L’Udienza preliminare non è prevista (Art. 550 c.p.p.).
- Bene Tutelato e Tipologia del Reato: La norma protegge la libertà morale della vittima e l’interesse dello Stato a prevenire condotte delittuose (tutela duplice). È un reato comune, a forma di esecuzione libera (violenza/minaccia sono il nucleo dell’azione) e di natura istantanea.
- Elemento Psicologico: Richiede il dolo specifico, ossia l’intenzione di conseguire uno scopo ulteriore rispetto alla semplice coazione: costringere la vittima a commettere un altro reato.
- Tentativo e Benefici: Il Tentativo non è configurabile secondo l’orientamento prevalente. La Declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto e la Messa alla prova (Art. 168-bis c.p.) sono ammesse e possibili.
4. Esempi di casi reali del reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.
Per comprendere come si configura il reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (Art. 611 c.p.), è fondamentale analizzare casi reali che chiariscono il cruciale requisito del dolo specifico (la finalità di far commettere un altro reato). Questi esempi illustrano la doppia responsabilità penale dell’autore della coazione e la non punibilità della vittima costretta.
Esempi dal punto di vista del presunto autore.
Giuseppe e il furto costretto. Giuseppe, sotto la minaccia di un coltello, costringe Mario a rubare denaro dalla cassaforte del suo datore di lavoro. Giuseppe risponde sia del reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (Art. 611 c.p., per la coazione) sia del reato di Furto (come autore mediato, Art. 110 c.p.), poiché le due condotte sono giuridicamente distinte e si applica il concorso di reati.
Luca e le schede telefoniche. Luca, armato di pistola, obbliga Paolo (dipendente) a prelevare schede telefoniche dall’ufficio e a consegnargliele. Nonostante Paolo non tragga beneficio, Luca è ritenuto colpevole del reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato. La coazione è inequivocabilmente finalizzata al compimento del reato scopo (il furto o appropriazione) e non a un fine generico.
Anna e la falsa testimonianza. Anna minaccia un testimone chiave, Carlo, costringendolo a dichiarare il falso in udienza. Anna è incriminata per Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato e per concorso nel reato di Falsa testimonianza (Art. 372 c.p.). L’uso della minaccia per alterare il corso della giustizia configura un duplice attacco: alla libertà della vittima e all’amministrazione della giustizia.
Esempi dal punto di vista della persona offesa.
Silvia, il testimone minacciato. Silvia, testimone, viene minacciata di diffusione di foto compromettenti se non dichiarerà a favore di un imputato. Pur non avendo ancora reso la testimonianza, il reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato si configura già nel momento della coercizione. La legge punisce l’autore della minaccia per il solo fatto di aver avviato la condotta costrittiva (reato a consumazione anticipata).
Marco e il diverbio al bar. Marco viene minacciato con un fucile da caccia da Giovanni, ma l’intento di Giovanni non è costringerlo a commettere un reato, bensì prevenire una sua azione illecita. In questo caso, non si configura il reato di Art. 611 c.p., poiché manca il dolo specifico richiesto (la volontà di far commettere un reato). L’atto potrebbe rientrare in altri reati (es. minaccia semplice, Art. 612 c.p.).
Federico, costretto a rubare. Federico è minacciato fisicamente e obbligato a forzare una macchina per rubarne il contenuto. Nonostante Federico commetta materialmente il furto, il suo comportamento è avvenuto per coazione fisica (Art. 45 c.p.) o forza maggiore, e pertanto non è punibile per il reato di furto. I suoi aggressori rispondono pienamente del reato di Violenza o minaccia per costringerlo a commettere un reato, in quanto autori mediati del furto.
5. Cosa dice la Cassazione (con spiegazione) sul reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.
La Corte di Cassazione ha fornito indicazioni fondamentali sull’interpretazione dell’Articolo 611 c.p., chiarendo come si configura il reato in virtù del suo dolo specifico: costringere la vittima a commettere un altro reato. Le sue pronunce sono essenziali per definire il confine tra questa fattispecie e la Violenza privata, e per valutare la doppia lesione (alla libertà individuale e all’interesse dello Stato a prevenire ulteriori crimini).
Massima: «Il delitto di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato e quello di estorsione possono concorrere, in quanto non sono in rapporto di specialità, essendo diverse le condotte finalistiche e i beni tutelati» (Cass. pen., Sez. II, n. 15441/2021). Spiegazione: Questo principio chiarisce che il reato di violenza o minaccia per costringere qualcuno a commettere un reato non si sovrappone a quello di estorsione. Le due fattispecie si distinguono per gli obiettivi perseguiti dall’autore e per i diritti tutelati, motivo per cui possono essere imputati insieme se concorrono nello stesso episodio.
Massima: «Per la sussistenza del delitto previsto dall’art. 611 cod. pen. è sufficiente che la violenza o la minaccia sia idonea, nel momento in cui viene esercitata, a determinare altri a commettere un fatto costituente reato, non essendo necessario che il reato-fine sia consumato o tentato» (Cass. pen., Sez. I, n. 33703/2021). Spiegazione: Non importa se il reato che si voleva imporre alla vittima sia stato realmente commesso o solo tentato. Basta che la minaccia o la violenza siano tali da convincere la vittima a compiere un’azione illecita per configurare il reato di violenza o minaccia finalizzata a costringere a commettere un reato.
Massima: «Il reato di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, commesso in danno di persona in condizione analoga alla schiavitù per indurla a perpetrare furti, concorre con i reati di riduzione in schiavitù e di alienazione e acquisto di schiavi di cui agli art. 600 e 602 c.p., dovendosi escludere che si versi in una ipotesi di reato complesso o progressivo» (Cass. pen., Sez. V, n. 30570/2011). Spiegazione: Questo principio sottolinea come il reato di violenza per costringere a commettere un reato possa sommarsi a gravi crimini come la riduzione in schiavitù. Non si tratta di un reato unico ma di più condotte autonome che richiedono distinte valutazioni legali.
Massima: «Nel caso di minaccia ad un testimone, sussiste il reato di minaccia per costringere a commettere un reato (art. 611 c.p.) e non il reato di minaccia a un pubblico ufficiale previsto dall’art. 336 c.p. quando non vi sia certezza dell’avvenuta assunzione formale della qualità di testimone in seguito a regolare citazione» (Cass. pen., Sez. VI, n. 4932/2006). Spiegazione: Minacciare una persona che non è ancora formalmente testimone in un processo configura il reato di violenza per costringerla a commettere un reato, ma non quello di minaccia a un pubblico ufficiale, poiché manca il riconoscimento ufficiale del suo ruolo.
Massima: «Non integra il delitto di minaccia la condotta di colui che mostri un’arma, non già al fine di restringere la libertà psichica del minacciato, bensì al fine di prevenirne un’azione illecita, rappresentandogli tempestivamente la legittima reazione che il suo comportamento determinerebbe» (Cass. pen., Sez. V, n. 8131/2007). Spiegazione: Se una persona mostra un’arma non per minacciare, ma per far capire che reagirebbe legittimamente a un’azione illecita, non si configura il reato di minaccia. L’intenzione dell’autore è decisiva per qualificare il comportamento.
Massima: «Il delitto previsto dall’art. 611 c.p. (violenza o minaccia per costringere a commettere un reato) è un reato di pericolo che si consuma nel momento stesso dell’uso della violenza e della minaccia, indipendentemente dal reato fine; comunque, secondo gli ordinari principi in tema di concorso di persone nel reato, l’autore della violenza o della minaccia risponde del reato eventualmente commesso dal soggetto coartato, a prescindere dalla punibilità di quest’ultimo» (Cass. pen., Sez. II, n. 42789/2003). Spiegazione: Questo reato si verifica nel momento in cui viene esercitata la minaccia o la violenza, indipendentemente dal fatto che il reato imposto sia stato commesso. Inoltre, chi minaccia è responsabile anche dell’eventuale reato compiuto dalla vittima.
Massima: «È configurabile il concorso formale di reati tra la minaccia messa in opera per costringere taluno a rendere falsa testimonianza e il concorso nella falsa testimonianza resa dal soggetto minacciato» (Cass. pen., Sez. VI, n. 25711/2003). Spiegazione: Quando una persona minaccia un’altra per obbligarla a rendere una falsa testimonianza, si configurano due reati distinti: la minaccia per costringere e il concorso nella falsa testimonianza, anche se il coartato non viene punito.
6. Cosa fare se sei coinvolto nel reato di Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.
Il reato di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (Art. 611 c.p.) si distingue per il suo dolo specifico: l’intenzione di obbligare la vittima a commettere un altro crimine. Questo delitto lede la libertà morale e l’interesse dello Stato alla prevenzione dei reati.
La Cassazione chiarisce che il reato si configura già al momento della coercizione, indipendentemente dal fatto che l’azione imposta sia poi compiuta (reato a consumazione anticipata). È inoltre essenziale che l’accusa non confonda questa fattispecie con la semplice minaccia o con l’estorsione. Per l’autore della coazione, il reato concorre con il reato scopo (Furto, Falsa Testimonianza, ecc.), innalzando drasticamente la pena.
Il nostro studio è specializzato nell’analisi del dolo specifico di questa fattispecie complessa, fondamentale per la difesa o per la tutela della vittima. Per un supporto immediato e una consulenza mirata a Siracusa o Catania, contattaci attraverso la sezione Contatti del sito per ricevere assistenza.
