Reato di Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (articolo 583 bis codice penale)

1. Introduzione al reato di Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili

L’articolo 583-bis del Codice Penale disciplina il reato di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, un delitto inserito nel Libro II, Titolo XII, Capo I, Sezione I del codice, dedicato ai delitti contro la persona, nello specifico quelli contro l’integrità fisica. Questa norma tutela la salute, la dignità e l’integrità delle donne, punendo chiunque cagioni o consenta queste pratiche illegali, indipendentemente dal consenso della vittima.

Se hai bisogno di chiarimenti su questo reato, sia perché sei stato accusato di aver commesso una mutilazione genitale sia perché ne sei vittima, è fondamentale affidarsi a un avvocato esperto in diritto penale. Una consulenza legale tempestiva può fare la differenza per tutelare i tuoi diritti e affrontare con consapevolezza un procedimento giudiziario.

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2. Testo dell’articolo 583 bis codice penale: condotte punite e pene previste

Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.

Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità.

La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro.

La condanna ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta, qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, rispettivamente:

1) la decadenza dall’esercizio della responsabilità genitoriale;

2) l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno.

Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia.

3. Note procedurali dell’articolo 583 bis codice penale

  • Arresto in flagranza: È facoltativo in caso di flagranza di reato, ai sensi dell’articolo 381 del Codice di Procedura Penale.
  • Fermo di indiziato di delitto: È consentito, come previsto dall’articolo 384 del Codice di Procedura Penale, tranne nel caso previsto dalla seconda parte del comma 2, dove il minimo edittale non risulta sufficiente per giustificarlo.
  • Misure cautelari personali: Sono consentite, conformemente agli articoli 280 e 287 del Codice di Procedura Penale.
  • Intercettazioni: L’uso delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni come mezzo di ricerca della prova è consentito, ai sensi dell’articolo 266 del Codice di Procedura Penale.
  • Autorità giudiziaria competente:
  • Per i fatti previsti dal comma 1, è competente il Tribunale collegiale, in base all’articolo 33-bis del Codice di Procedura Penale.
  • Per i fatti previsti dal comma 2, è competente il Tribunale monocratico, come stabilito dall’articolo 33-ter del Codice di Procedura Penale.
  • Procedibilità:
  • Per i reati previsti dal primo, secondo e terzo comma, la procedibilità è d’ufficio (articolo 50 del Codice di Procedura Penale).
  • Per i reati previsti dal quinto comma, è necessaria una richiesta del Ministro della Giustizia.
  • Udienza preliminare: È prevista, ai sensi degli articoli 416 e 418 del Codice di Procedura Penale.
  • Termini di custodia cautelare: I termini sono medi, come stabilito dall’articolo 303 del Codice di Procedura Penale.
  • Bene tutelato: Il reato mira a proteggere l’integrità fisica e la salute psicosessuale delle vittime.
  • Tipologia del reato: È un reato comune, che può essere commesso da chiunque.
  • Forma di esecuzione: Il reato si realizza attraverso una forma di esecuzione libera, non vincolata a modalità specifiche.
  • Svolgimento che perfeziona il reato: Si tratta di un reato di evento, in cui l’azione dell’agente deve provocare un risultato specifico.
  • Natura del reato: È classificato come un reato istantaneo, consumato al momento della realizzazione della condotta vietata.
  • Prescrizione:
  • Per i reati previsti dal primo comma, il termine di prescrizione è di 12 anni.
  • Per i reati previsti dal secondo comma, il termine di prescrizione è di 7 anni.
  • Elemento psicologico:
  • Per i reati previsti dal secondo comma, è richiesto il dolo specifico, secondo l’interpretazione maggioritaria.
  • Tentativo:
  • Per i delitti previsti dal primo comma, il tentativo è configurabile.
  • Per i delitti previsti dal secondo comma, la configurabilità del tentativo è controversa, anche se plausibile, poiché l’uso del congiuntivo presente «derivi» sembra suggerire che l’evento lesivo non debba necessariamente verificarsi.

4. Esempi pratici del reato di Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili

Dalla parte del presunto autore del reato

  • Il caso di Amina e Fatima
  • Amina, una donna di 35 anni originaria di un paese africano, da poco residente in Italia, decide di sottoporre sua figlia Fatima, di 7 anni, a una pratica di mutilazione genitale femminile organizzata durante un viaggio nel paese d’origine. Al rientro in Italia, a seguito di un controllo medico scolastico, il personale sanitario denuncia il caso alle autorità. Amina si difende sostenendo di non essere a conoscenza che tale pratica fosse reato in Italia, ma il giudice respinge questa linea difensiva, ribadendo che l’ignoranza della legge non è giustificabile, anche se influenzata dalle condizioni culturali e sociali del paese d’origine.
  • La vicenda di Omar e Zohra

Omar, 40 anni, organizza un incontro con un’operatrice tradizionale per praticare la mutilazione genitale a sua figlia Zohra, di 6 anni, nel garage della propria abitazione. La madre della bambina, che inizialmente aveva acconsentito, cambia idea e denuncia l’evento alla polizia. Omar tenta di giustificarsi sostenendo che la mutilazione era una tradizione culturale importante nella sua comunità, ma il giudice considera irrilevante tale motivazione, confermando che la cultura d’origine non può prevalere sul rispetto delle leggi italiane.

  • Said e le pressioni della comunità

Said, 45 anni, viene accusato di aver organizzato la mutilazione genitale della nipote Mariam, affidata a lui dai genitori. Said ammette l’episodio ma afferma di aver agito sotto la pressione della comunità e di non essere consapevole delle conseguenze penali in Italia. Il tribunale rigetta la sua difesa, considerando che, in qualità di tutore legale, aveva l’obbligo di proteggere la salute e i diritti della minore, indipendentemente dalle influenze esterne.

Dalla parte della persona offesa

  • La denuncia di Nadia

Nadia, una giovane donna di 20 anni residente in Italia da dieci anni, decide di denunciare i propri genitori dopo aver scoperto che la mutilazione genitale subita all’età di 6 anni nel suo paese d’origine è considerata reato in Italia. Nonostante siano trascorsi anni, il dolore fisico e psicologico persiste, portandola a chiedere giustizia. Il caso viene discusso in tribunale, portando a una maggiore sensibilizzazione sul tema.

  • L’intervento della scuola per Samira

Samira, una bambina di 8 anni, confida alla sua insegnante che sta per essere portata nel paese d’origine per una “cerimonia tradizionale”. L’insegnante, sospettando una mutilazione genitale, allerta i servizi sociali e le autorità competenti, che riescono a impedire la partenza della famiglia. La bambina viene presa in carico dal sistema di protezione e avviata a un percorso di supporto psicologico.

  • L’operazione sanitaria su Halima

Halima, di 9 anni, viene ricoverata in ospedale a seguito di un’infezione grave dovuta a una mutilazione genitale praticata clandestinamente in Italia. I medici segnalano immediatamente il caso alle autorità, che avviano un’indagine portando all’arresto dei genitori e dell’operatore che aveva eseguito la pratica. Halima riceve assistenza medica e psicologica grazie al supporto di associazioni dedicate.

Nota finale

Ogni caso di mutilazione genitale femminile è una violazione grave dei diritti fondamentali. Se sei coinvolto in una vicenda simile, come presunto autore o persona offesa, è fondamentale rivolgersi a un avvocato esperto in diritto penale per tutelare i propri diritti e ricevere assistenza. Per maggiori informazioni o per fissare un appuntamento, visita la sezione “Contatti” del sito.

5. Massime della Cassazione, con spiegazione, sul reato di Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili

Massima:

“Non è invocabile il principio della c.d. ignoranza inevitabile della legge, introdotto dalla Corte cost. con la sentenza n. 364/1988 in sede di dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 5 c.p., da parte dello straniero extracomunitario che abbia sottoposto i propri figli a pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (reato previsto dall’art. 583-bis, c.p.), non potendosi tener conto dell’asserita sicura inferiorità dovuta alle condizioni soggettive, rappresentate dalla inadeguata conoscenza della lingua e della cultura italiana, dall’essere da poco tempo in Italia, conseguendone la scarsa integrazione nel contesto sociale italiano, dal basso livello di scolarizzazione anche nel proprio paese di origine, dalla mancata sanzionabilità delle pratiche di mutilazione genitale e dalla millenaria ‘cultura’ di queste presente nel paese d’origine, avendole lei stessa subite.”

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 37422 del 2 luglio 2021)

Spiegazione:

La Corte di Cassazione ha chiarito che il principio di ignoranza inevitabile della legge, che in alcune circostanze può escludere la punibilità, non può essere applicato ai casi di mutilazione degli organi genitali femminili. Questo significa che, anche se una persona straniera proveniente da un contesto in cui tali pratiche non sono vietate non conoscesse le leggi italiane, ciò non la esonera dalla responsabilità penale.

Il giudice non può considerare come attenuanti condizioni soggettive come:

  • La mancata conoscenza della lingua italiana.
  • L’essere da poco tempo in Italia e la scarsa integrazione sociale.
  • Il basso livello di istruzione o la mancata sanzionabilità delle mutilazioni genitali nel paese d’origine.
  • Il fatto che queste pratiche siano radicate nella cultura del paese d’origine e che chi le pratica le abbia a sua volta subite.

In Italia, la tutela dell’integrità fisica e della salute psicosessuale prevale su ogni giustificazione culturale o personale. Chiunque si trovi a dover affrontare un’accusa relativa a tali reati, o sia vittima di queste pratiche, dovrebbe cercare immediatamente una consulenza legale per comprendere i propri diritti e doveri.

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6. Conclusioni sul reato di Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili

Il reato di mutilazione degli organi genitali femminili, disciplinato dall’articolo 583-bis del Codice Penale, rappresenta una grave violazione dell’integrità fisica e della salute psicosessuale della persona, indipendentemente dalle motivazioni culturali o personali. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’ignoranza della legge italiana non può essere invocata come scusa, neppure in situazioni di mancata integrazione sociale o di provenienza da contesti in cui tali pratiche non sono vietate.

Questa norma dimostra l’impegno della giustizia italiana nel proteggere le vittime e nel punire severamente i responsabili. È fondamentale che chiunque si trovi coinvolto, come presunto autore del reato o come persona offesa, comprenda i propri diritti e le proprie responsabilità.

Un ulteriore aspetto di grande rilevanza riguarda le conseguenze previste dall’articolo 583-ter del Codice Penale per gli esercenti una professione sanitaria coinvolti in reati di mutilazione degli organi genitali femminili. In caso di condanna, è prevista la pena accessoria dell’interdizione dalla professione per un periodo da tre a dieci anni. Inoltre, la sentenza di condanna viene notificata all’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri, con gravi ripercussioni sulla carriera professionale del condannato.

Questa norma evidenzia l’importanza di un sistema rigido per contrastare tali reati, sottolineando la responsabilità etica e legale degli operatori sanitari. Se sei un professionista sanitario accusato di reati ai sensi dell’art. 583-bis, o se sei una vittima di pratiche eseguite da personale medico, è indispensabile affidarsi a un avvocato penalista competente. Per maggiori informazioni o per richiedere una consulenza, visita la sezione “Contatti” del sito.

Rivolgersi a un avvocato esperto in diritto penale è essenziale per affrontare situazioni così delicate con competenza e consapevolezza. Per richiedere una consulenza, ti invitiamo a visitare la sezione “Contatti” del sito.