Indagato, imputato e condannato: cosa significano davvero e cosa fare se sei coinvolto

1. Indagato, imputato e condannato non significano la stessa cosa.

Molte persone confondono i termini indagato, imputato e condannato, pensando che siano sinonimi. In realtà indicano qualità molto diverse che una persona può assumere durante il procedimento penale e all’esito dello stesso.


2. Chi è l’indagato (persona sottoposta alle indagini preliminari)?

L’indagato è la persona contro la quale il Pubblico Ministero sta svolgendo le indagini preliminari, dopo che il suo nome è stato iscritto nel registro delle notizie di reato (il cosiddetto registro degli indagati). L’iscrizione avviene quando emerge un fatto preciso che potrebbe, in ipotesi, costituire un reato previsto dalla legge.

Questa qualifica dura per tutta la fase delle indagini preliminari, e si conclude solo in due casi: se il Pubblico Ministero decide di esercitare l’azione penale, cioè di portare l’accusa davanti a un giudice, oppure se, al contrario, chiede l’archiviazione del procedimento per mancanza di prove, fatti o responsabilità.


3. Chi è l’imputato?

L’imputato è la persona alla quale viene formalmente attribuito un reato in uno degli atti previsti dalla legge. Secondo l’articolo 60 del codice di procedura penale, si acquista la qualità di imputato quando il Pubblico Ministero presenta una:

  • richiesta di rinvio a giudizio,
  • richiesta di giudizio immediato,
  • richiesta di decreto penale di condanna,
  • richiesta di applicazione della pena (patteggiamento),
  • citazione diretta a giudizio, oppure
  • richiesta di giudizio direttissimo.

A differenza dell’indagato – che è solo sospettato – l’imputato è colui contro cui è stata esercitata ufficialmente l’azione penale, ossia si è passati dalla fase delle indagini a quella del processo vero e proprio.

Una volta acquisita, la qualità di imputato si mantiene per tutta la durata del procedimento penale, anche nei successivi gradi di giudizio (appello e Cassazione), fino a quando la sentenza non diventa definitiva.

In alcuni casi, anche chi era stato inizialmente prosciolto può tornare a essere imputato. Questo accade, ad esempio, se viene revocata una sentenza di non luogo a procedere, oppure se viene disposta la revisione del processo o la riapertura del giudizio a seguito di eventi eccezionali.

In sintesi, l’imputato è la persona che si trova ufficialmente sotto processo per un reato, davanti a un giudice, con tutte le garanzie previste dalla legge, ma anche con la necessità di una difesa preparata, consapevole e competente.


4. Chi è il condannato?

Il condannato è la persona nei cui confronti è stata pronunciata una sentenza di condanna divenuta irrevocabile, cioè non più impugnabile, salvo il rarissimo caso della revisione.

Secondo l’articolo 648 del codice di procedura penale, la sentenza diventa irrevocabile quando:

  • non è previsto alcun mezzo di impugnazione ordinaria, oppure
  • è decorso inutilmente il termine per impugnare, oppure
  • è stato proposto ricorso inammissibile o rigettato dalla Corte di Cassazione.

Anche il decreto penale di condanna diventa irrevocabile se non viene presentata opposizione nei termini stabiliti.

Finché la sentenza non è definitiva, la persona conserva la qualità di imputato e gode della presunzione di non colpevolezza. Solo con la pronuncia irrevocabile si può parlare a tutti gli effetti di condanna penale, con le conseguenze che ne derivano: pene detentive o pecuniarie, iscrizione nel casellario giudiziale, e nei casi più gravi anche effetti interdittivi o recidive future.

Per questo è fondamentale essere difesi da un avvocato penalista fin dall’inizio del procedimento: un errore nelle prime fasi può avere conseguenze anche anni dopo.


5. Esempi di casi reali sulla differenza tra indagato, imputato e condannato.

Esempio di indagato.

Giuseppe, 38 anni, viene fermato in macchina dai Carabinieri. Durante un controllo, gli trovano due involucri nascosti nel vano portaoggetti, contenenti cocaina per un peso totale di circa 5 grammi. Giuseppe afferma che la droga è per uso personale, ma i militari segnalano che portava con sé anche un bilancino di precisione e denaro contante in piccoli tagli.

Due giorni dopo, il suo nome viene iscritto nel registro degli indagati per il reato di detenzione ai fini di spaccio (art. 73 DPR 309/1990). Inizia così la fase delle indagini preliminari: la Procura della Repubblica delega la Polizia Giudiziaria a fare accertamenti sul traffico telefonico, a eseguire una perquisizione domiciliare e ad analizzare la sostanza.

A questo punto Giuseppe è solo indagato, cioè sottoposto ad indagini preliminari. Non è ancora imputato e non è detto che lo diventerà. Se dalle indagini preliminari emergerà che la droga era effettivamente per uso personale, il Pubblico Ministero potrebbe chiedere l’archiviazione.

Esempio di imputato.

Carmelo, 45 anni, titolare di un piccolo bar, viene sorpreso dalla Guardia di Finanza a vendere pacchetti di sigarette di contrabbando, privi del contrassegno dei Monopoli di Stato. In sede di interrogatorio nega l’accusa, ma nel magazzino del bar vengono rinvenuti altri 80 pacchetti nascosti sotto un bancale.

Dopo aver concluso le indagini, il Pubblico Ministero non chiede l’archiviazione, ma presenta una richiesta di citazione diretta a giudizio per il reato di contrabbando (art. 291 bis T.U.L.D.).

Nel momento in cui il giudice accoglie quella richiesta, Carmelo diventa ufficialmente imputato. Da quel momento il processo inizia e la sua posizione verrà valutata da un giudice in dibattimento.

Esempio di condannato.

Antonio, 36 anni, viene arrestato in flagranza mentre cede cocaina a un cliente nei pressi di una discoteca. Dopo il fermo, si celebra il giudizio direttissimo e viene condannato in primo grado alla pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione per spaccio di stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990).

Il suo avvocato propone appello, ma la Corte d’Appello conferma integralmente la sentenza. Viene quindi presentato ricorso per Cassazione, ma anche questo viene rigettato.

A partire dal giorno del deposito della sentenza della Cassazione, la condanna diventa irrevocabile. Da quel momento, Antonio non è più un imputato, ma un condannato in via definitiva: la pena può essere eseguita (salvo sospensione o misure alternative), la condanna risulta iscritta nel casellario giudiziale, e si producono tutti gli effetti giuridici della condanna penale.


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