Reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale – Articolo 379-bis codice penale

1. Cos’è il reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale.

Il reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale, previsto dall’Articolo 379-bis del Codice Penale, è un delitto che punisce chi rompe il segreto su notizie relative a un’indagine in corso.

Lo scopo della legge è proteggere il lavoro degli investigatori (Pubblico Ministero e Polizia) e del Giudice, garantendo che le indagini preliminari si svolgano in modo riservato per evitare che il colpevole si prepari, distrugga prove o scappi.

Questo reato non è rivolto ai Pubblici Ufficiali (come poliziotti o magistrati, che se rivelano segreti commettono un reato più grave), ma a persone comuni che vengono a conoscenza dei segreti dell’indagine in due modi specifici:

1. Per aver partecipato o assistito a un atto: il reato punisce chiunque riveli notizie segrete apprese per aver partecipato o assistito a un atto del procedimento. Questo può riguardare:

  • Avvocati, consulenti tecnici, periti.
  • Interpreti o ausiliari del Giudice.
  • Persone che, pur non essendo indagate o accusate, hanno avuto accesso legale a documenti o atti coperti da segreto investigativo.

2. Per aver violato il divieto del Pubblico Ministero: il reato punisce anche chi, dopo aver rilasciato dichiarazioni (come testimone o persona informata sui fatti), non rispetta il divieto di comunicazione imposto in modo specifico dal Pubblico Ministero (Art. 391-quinquies c.p.p.).

Il segreto riguarda ogni notizia che, se divulgata, possa ostacolare l’attività di indagine. La pena prevista per questo reato è la reclusione fino a un anno.


2. Testo dell’articolo 379-bis codice penale: condotte punite e pene previste.

L’Articolo 379-bis del Codice Penale mira a colpire la violazione del segreto istruttorio quando questa viene commessa da soggetti privati che hanno legalmente partecipato o assistito a un atto del procedimento penale, o che hanno ricevuto un esplicito divieto di comunicazione dal Pubblico Ministero. Questa norma è cruciale per impedire che la diffusione indebita di notizie riservate possa compromettere il successo delle indagini, offrendo agli indagati la possibilità di preparare la difesa o distruggere le prove. La legge prevede una pena massima contenuta (fino a un anno) e si applica solo se il fatto non costituisce un reato più grave.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell’articolo 391-quinquies del codice di procedura penale.


3. Note procedurali dell’articolo 379-bis codice penale: arresto, misure cautelari, prescrizione…

Il reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (Art. 379-bis c.p.) è punito con una pena detentiva molto contenuta (fino a un anno di reclusione). Tale limite edittale impone un regime procedurale estremamente leggero, escludendo l’uso di misure cautelari personali, intercettazioni e fermo. Questo reato, perseguibile d’ufficio e procedibile per citazione diretta a giudizio, presenta un percorso processuale rapido e offre ampie possibilità di accesso a benefici come la Messa alla prova e la Tenuità del fatto.

  • Arresto e Fermo: Sia l’arresto in flagranza che il fermo di indiziato di delitto sono non consentiti in quanto la pena massima non raggiunge i limiti minimi di legge.
  • Misure Cautelari Personali: L’applicazione di qualsiasi misura cautelare personale (come l’obbligo di dimora, il divieto di espatrio o la custodia in carcere) è non consentita perché la pena massima di un anno è nettamente inferiore al limite di tre anni previsto dal Codice di Procedura Penale.
  • Intercettazioni: Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni sono non ammesse come mezzo di ricerca della prova (Art. 266 c.p.p.) per via della pena massima troppo bassa.
  • Autorità Giudiziaria Competente: Il reato è di competenza del Tribunale monocratico (Art. 33-ter c.p.p.).
  • Procedibilità e Udienza: È perseguibile d’ufficio (Art. 50 c.p.p.).
    L’Udienza preliminare è non prevista (Art. 550 c.p.p.), e il reato procede per citazione diretta a giudizio, il che rende il procedimento più rapido.
  • Bene Tutelato e Tipologia: Il bene tutelato è la segretazione nel processo penale. È un reato proprio in quanto può essere commesso solo da chi ha partecipato o assistito all’atto segreto (o è stato diffidato dal Pubblico Ministero).
  • Elemento Psicologico (Dolo): È richiesta la consapevolezza di rivelare indebitamente una notizia segreta.
  • Natura e Tentativo: È considerato un reato istantaneo (si consuma nel momento della rivelazione). Il Tentativo è configurabile secondo l’indirizzo prevalente, anche se il reato si perfeziona preferibilmente quando la notizia giunge al destinatario (reato di evento).
  • Prescrizione: Il termine di prescrizione è di 6 anni (Art. 157 c.p.).
  • Declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto: (Art. 131-bis c.p.) è possibile data la pena contenuta.
  • Messa alla Prova (MAP): (Art. 168-bis c.p.p.) è possibile in quanto la pena massima è ampiamente al di sotto del limite di quattro anni.

4. Esempi di casi reali del reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale.

Il reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (Art. 379-bis c.p.) è un delitto che si applica esclusivamente a soggetti privati che ricoprono un ruolo attivo (come consulenti tecnici o periti) oppure a chi ha ricevuto un esplicito divieto di comunicazione dal Pubblico Ministero. L’analisi di casi pratici è fondamentale per capire che la legge punisce solo la diffusione di notizie che riguardano l’attività di indagine e gli atti processuali segreti, e non la rivelazione del fatto storico in sé o di atti che sono stati semplicemente ricevuti passivamente.

Esempi dal punto di vista del presunto autore.

Il perito che ritiene che la prova sia divulgabile (condotta punibile).

Anna è un’ingegnere forense assunta come consulente tecnico di parte da un indagato, Tizio. Nel corso del suo incarico, Anna partecipa alle operazioni di ispezione su un computer sequestrato. In questa fase, apprende che il Pubblico Ministero ha chiesto segretamente la proroga delle indagini e ha disposto l’analisi di un file che Tizio riteneva cancellato. Ritenendo che il segreto non sia importante, Anna rivela al fratello di Tizio il contenuto di questa richiesta di proroga e l’esistenza del file (una notizia appresa per “partecipazione” all’atto). Anna ha commesso il reato di Rivelazione di segreti (Art. 379-bis c.p.). Lei è un soggetto privato che ha partecipato attivamente alla fase di esecuzione dell’atto processuale (l’ispezione informatica) e ha rivelato una notizia coperta da segreto (la richiesta di proroga), che potrebbe danneggiare l’indagine in corso. La sua condotta rientra perfettamente nella prima ipotesi del reato.

Il giornalista che riceve l’atto e lo pubblica (condotta non punibile).

Marco è un giornalista che sta seguendo un caso di corruzione. Riceve una copia della richiesta di rinvio a giudizio (un atto processuale non più coperto da segreto, ma che contiene comunque dettagli sensibili) da parte di una fonte anonima. Marco pubblica immediatamente i dettagli della richiesta di rinvio. Marco viene indagato per rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale. Marco non commette il reato di Rivelazione di segreti (Art. 379-bis c.p.). La Cassazione ha stabilito che la condotta punibile è quella di chi apprende il segreto per aver partecipato o assistito all’atto, non di chi si limita a ricevere l’atto. Poiché Marco ha solo ricevuto il documento e non ha partecipato alla sua formazione o esecuzione, la sua condotta non è punibile ai sensi di questa norma.

La testimone che racconta il fatto storico (condotta non punibile).

Luisa è una testimone oculare di una lite violenta. Viene sentita dalla Polizia Giudiziaria. Successivamente, racconta alla sua migliore amica, Carla, cosa ha visto durante la lite e cosa ha dichiarato alla Polizia. Luisa non rivela però nessun dettaglio tecnico sull’indagine (ad esempio, il fatto che i carabinieri stiano cercando il coltello o che siano state disposte intercettazioni). Luisa non commette il reato di Rivelazione di segreti (Art. 379-bis c.p.). La Cassazione chiarisce che il segreto riguarda solo l’atto del procedimento in sé (es. l’esistenza di un’intercettazione), e non il fatto storico oggetto dell’indagine. Luisa ha semplicemente raccontato un fatto che conosceva (ciò che ha visto) e ciò che ha dichiarato. Non ha rivelato segreti dell’indagine, a meno che il Pubblico Ministero non le avesse specificamente imposto un divieto di comunicazione sulla sua testimonianza (Art. 391-quinquies c.p.p.).


5. Cosa dice la Cassazione (con spiegazione) sul reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale.

Il reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (Art. 379-bis c.p.) è un delitto che la Corte di Cassazione ha dovuto circoscrivere con grande attenzione. Le massime sono fondamentali per chiarire chi può commettere il reato (solo i privati con un ruolo attivo, escludendo i Pubblici Ufficiali) e cosa costituisce il segreto: non il fatto storico in sé, ma l’atto processuale e le sue risultanze. Queste distinzioni servono a bilanciare la necessità di tutelare il segreto investigativo con il diritto di difesa e la libertà di espressione.

La qualità del soggetto attivo e il ruolo.

Massima: «In tema di reati contro l’amministrazione della giustizia, il reato previsto e punito dall’art. 379-bis c.p., prima ipotesi (che sanziona “chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso”), trova applicazione esclusivamente nei confronti delle persone che, in assenza delle relative qualifiche funzionali di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, non sono già tenute all’obbligo del segreto di cui all’art. 329 c.p.p., la cui violazione trova sanzione nell’art. 326 c.p.; partecipazione ed assistenza attengono alle fasi di formazione o di messa in esecuzione dell’atto processuale – promanante tanto dall’autorità giudiziaria o da suoi delegati ed ausiliari quanto dal difensore nell’ambito delle indagini difensive – ma non a quelle della ricezione dell’atto stesso o di soggezione ai relativi effetti» (Cass. pen., n. 47210/2021).

Spiegazione: La Cassazione chiarisce immediatamente chi è il soggetto che può commettere questo reato, definendolo un reato residuale (cioè che si applica solo quando non ne ricorre uno più grave).

Questo delitto si applica esclusivamente ai privati (ad esempio, un consulente tecnico, un interprete o l’assistente di un avvocato) che, pur non essendo pubblici ufficiali come poliziotti o magistrati, vengono a conoscenza di notizie segrete. Se invece a rivelare il segreto è un Pubblico Ufficiale, si applica il reato ben più grave di Rivelazione di segreti d’ufficio (Art. 326 c.p.).

È fondamentale che la notizia sia stata appresa in due modi specifici: per “partecipazione” o per “assistenza” a un atto. Questo significa che il soggetto deve aver avuto un ruolo attivo nella formazione o nell’esecuzione dell’atto processuale (ad esempio, un perito che svolge la sua analisi o un difensore che compie indagini).

Non commette invece il reato chi riceve passivamente un atto o subisce i suoi effetti. Ad esempio, l’imputato o la persona offesa che riceve la notifica di un atto non è in genere punibile per averne rivelato il contenuto.

Oggetto del segreto: atto processuale, non il fatto storico.

Massima: «Il delitto di rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale (art. 379 bis c.p.) ha ad oggetto quelle notizie che siano state apprese in occasione della partecipazione o dell’assistenza all’atto posto in essere nel procedimento e riguarda, pertanto, l’atto del procedimento in quanto tale, nonché la sua documentazione, ma non il fatto storico oggetto dell’atto e dell’indagine di cui il soggetto abbia avuto precedentemente conoscenza» (Nel caso di specie è stato escluso il reato “de quo” in relazione alla consegna del contenuto di alcuni “notebooks” ad un giornalista, avvenuta successivamente al sequestro del materiale ed alla sua restituzione in favore dell’imputata, senza che il provvedimento di restituzione prescrivesse divieti o limitazioni al riguardo) (Cass. pen., n. 20105/2011).

Spiegazione: La massima chiarisce cosa deve essere tenuto segreto:

Caso Specifico: La massima evidenzia che il segreto è violato solo se c’è un divieto imposto dall’Autorità. Se un bene (come un notebook) viene restituito all’imputato senza divieti specifici di divulgazione, l’imputato può legittimamente rivelarne il contenuto senza incorrere in questo reato.

Il Segreto Riguarda l’Atto: L’obbligo di segretezza si applica solo alle notizie sul procedimento stesso, sull’atto processuale e sulla sua documentazione (es. una richiesta segreta di intercettazione, il contenuto di un verbale investigativo).

Esclusione del Fatto Storico: Non c’è reato se il soggetto rivela un fatto storico di cui era già a conoscenza prima che iniziasse l’indagine o prima di assistere all’atto. Ad esempio, se un testimone sa da tempo che A ha rubato, e ne parla con gli amici, non commette il reato, a meno che non riveli i dettagli dell’indagine appresi in Tribunale (es. il nome del testimone che ha smentito A o il tipo di prova che la Procura sta cercando).


6. Cosa fare se sei coinvolto nel reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale.

Il reato di Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (Art. 379-bis c.p.) è un delitto che sanziona la violazione del segreto da parte di soggetti privati attivi nel procedimento o diffidati dal Pubblico Ministero. Nonostante la pena massima sia contenuta (fino a un anno), l’azione tempestiva di un difensore è cruciale.

L’intervento difensivo deve mirare a escludere il reato dimostrando che il caso non rientra nelle strette maglie della norma. Le strategie principali sono:

  1. Esclusione del Soggetto Attivo (Il Ruolo Passivo): La difesa può dimostrare che la notizia non è stata appresa per “partecipazione” o “assistenza” attiva all’atto processuale, ma che il soggetto si è limitato a ricevere l’atto o subirne gli effetti (come un semplice imputato o una persona offesa che riceve la notifica).
  2. Esclusione dell’Oggetto del Segreto (Il Fatto Storico): È necessario provare che la notizia rivelata era relativa al fatto storico in sé e non all’atto processuale riservato (ad esempio, le mosse segrete della Procura o le prove che si stanno cercando).
  3. Verifica del Divieto Espresso: Se l’accusa si basa sulla violazione del divieto imposto dal Pubblico Ministero (Art. 391-quinquies c.p.p.), la difesa deve verificare che tale divieto sia stato imposto in modo legittimo, chiaro e formale.
  4. Accesso ai Benefici: Data la pena contenuta (fino a un anno), il reato consente l’accesso a importanti benefici che possono portare all’estinzione del reato:
    • Declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto (Art. 131-bis c.p.)
    • Messa alla prova (MAP) (Art. 168-bis c.p.p.)

L’azione tempestiva è vitale per inquadrare correttamente i fatti e accedere a percorsi di estinzione del reato. Per un’analisi immediata, riservata e per costruire una strategia difensiva solida a Siracusa o Catania, contattami per una consulenza riservata visitando la pagina Contatti del sito.