1. Cos’è il reato di Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria.
Il reato di Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, introdotto dall’Articolo 377-bis del Codice Penale, è un delitto volto a tutelare la genuinità e la completezza della prova intervenendo sulla libertà di autodeterminazione di soggetti vulnerabili o privilegiati in ambito penale.
Questo reato si distingue nettamente dall’Intralcio alla giustizia (Art. 377 c.p.) per un elemento cruciale: il soggetto passivo qualificato. L’Art. 377-bis c.p. si applica esclusivamente nei confronti di persone che, per legge, hanno la facoltà di non rispondere o di astenersi dal testimoniare (come i prossimi congiunti dell’imputato, o persone che potrebbero auto-incriminarsi).
Il reato è comune (può essere commesso da chiunque) e si configura attraverso due condotte, con la stessa doppia modalità già vista nell’Intralcio:
- Mezzo Violento o Coercitivo: Uso di violenza o minaccia;
- Mezzo Corruttivo: Offerta o promessa di denaro o altra utilità.
L’azione è finalizzata a indurre il soggetto passivo a tacere (non rendere dichiarazioni) o a mentire (rendere dichiarazioni mendaci). La pena prevista è la reclusione da due a sei anni, ed è applicabile solo “salvo che il fatto costituisca più grave reato” (clausola di sussidiarietà).
2. Testo dell’articolo 377-bis codice penale: condotte punite e pene previste.
L’Articolo 377-bis del Codice Penale è stato introdotto per colmare una lacuna normativa e sanzionare l’induzione alla falsità o al silenzio rivolta specificamente a persone che godono della facoltà di non rispondere in un procedimento penale (come i prossimi congiunti o persone a rischio di auto-incriminazione). Il testo definisce chiaramente le condotte punite – violenza, minaccia, offerta o promessa – e la loro finalità (tacere o mentire). Data la gravità dell’attacco alla giustizia, la pena è fissata tra due e sei anni di reclusione, confermando la severità con cui l’ordinamento colpisce ogni forma di manipolazione della prova.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti all’autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni.
3. Note procedurali dell’articolo 377-bis codice penale: arresto, misure cautelari, prescrizione…
Il reato di Induzione a non rendere dichiarazioni (Art. 377-bis c.p.) è punito con una reclusione significativa (fino a sei anni), che ne determina un regime procedurale severo: sono consentiti l’arresto in flagranza e l’utilizzo delle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova. Nonostante questa severità, la pena massima di sei anni colloca il reato nella competenza del Tribunale monocratico a citazione diretta, rendendo l’accesso a importanti benefici, come la Messa alla prova e la Tenuità del fatto, una possibilità concreta e strategica per l’imputato.
- Arresto e Fermo: L’arresto in flagranza è facoltativo (Art. 381 c.p.p.). Il fermo di indiziato di delitto è non consentito.
- Misure Cautelari Personali: Le misure cautelari sono consentite (Artt. 280, 287 c.p.p.) data la pena massima prevista (sei anni). La valutazione sulla custodia in carcere sarà legata alle esigenze cautelari concrete.
- Intercettazioni: Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni sono consentite (Art. 266 c.p.p.) dato il massimo edittale superiore a cinque anni.
- Autorità Giudiziaria Competente: Il reato è di competenza del Tribunale monocratico (Art. 33-ter c.p.p.) in quanto la pena edittale massima è pari a sei anni di reclusione.
- Procedibilità e Udienza: È perseguibile d’ufficio (Art. 50 c.p.p.). L’Udienza preliminare è non prevista (Art. 550 c.p.p.) in quanto la pena massima non supera i quattro anni di reclusione, limite che lo colloca tra i reati a citazione diretta a giudizio.
- Bene Tutelato e Tipologia: Il bene tutelato è la correttezza del giusto processo. È un reato comune (può essere commesso da chiunque).
- Forma e Svolgimento: La forma di esecuzione del reato è vincolata (solo violenza, minaccia, offerta o promessa). Lo svolgimento che lo perfeziona è l’evento (l’induzione). È di natura istantanea.
- Elemento Psicologico: È richiesto il dolo generico (la coscienza e volontà di indurre alla falsità o al silenzio, sapendo che il soggetto ha la facoltà di astenersi).
- Tentativo: Il Tentativo è configurabile.
- Prescrizione: Il termine di prescrizione è di 6 anni (Art. 157 c.p.).
- Benefici: La Messa alla prova (Art. 168-bis c.p.) è possibile in quanto il reato è perseguibile con citazione diretta (Art. 550 c.p.p.) e rientra nei limiti edittali (pena massima 6 anni, limite per l’accesso 4 anni, ma estensione ai reati a citazione diretta).
- La Declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto (Art. 131-bis c.p.) è possibile.
4. Esempi di casi reali del reato di Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria.
Il reato di Induzione a non rendere dichiarazioni (Art. 377-bis c.p.) sanziona l’attacco mirato alla genuinità della prova sfruttando la posizione processuale di soggetti che godono della facoltà di non rispondere (es. congiunti, coimputati). L’analisi di casi reali chiarisce come la Cassazione interpreti l’applicazione del reato non solo alla minaccia o corruzione diretta, ma anche all’induzione indiretta (attraverso terzi), evidenziando la necessità che il soggetto passivo abbia formalmente assunto la qualifica di “chiamato” per la configurazione del reato.
Esempi dal punto di vista del presunto autore.
Minaccia ai congiunti per ottenere il silenzio (induzione indiretta).
Sig. Bianchi è imputato in un grave processo. Sua moglie, la Sig.ra Rossi, è stata chiamata a deporre come testimone, ma gode della facoltà di astensione in quanto prossima congiunta (Art. 199 c.p.p.). Bianchi, per assicurarsi che lei taccia, incarica un suo collaboratore, Tizio, di minacciare telefonicamente i genitori della moglie (i suoceri) di un danno economico, al fine di indurre la Sig.ra Rossi a non rendere alcuna dichiarazione. L’azione è stata rivolta a terze persone (i suoceri) al solo scopo di condizionare il dichiarante. Bianchi risponde di Induzione a non rendere dichiarazioni (Art. 377-bis c.p.). Il reato si configura perché: a) Soggetto Passivo Qualificato: La Sig.ra Rossi ha la facoltà di non rispondere; b) Condotta: La minaccia è un mezzo coercitivo previsto dalla norma.
Offerta di denaro al coimputato per dichiarazioni mendaci (soggetto passivo qualificato).
Luca e Marco sono coimputati nello stesso procedimento penale. Luca decide di rilasciare dichiarazioni sull’operato di Marco, agendo quindi come soggetto con facoltà di non rispondere ma in grado di rendere dichiarazioni utilizzabili (le sue dichiarazioni contra alios). Marco, attraverso il suo difensore, offre segretamente a Luca 20.000 € per indurlo a ritrattare le dichiarazioni precedentemente rilasciate e a fornire una versione mendace dei fatti a suo favore. Luca accetta l’offerta. Se Marco avesse offerto denaro a un testimone ordinario (che ha l’obbligo di deporre), si sarebbe configurato l’Intralcio alla giustizia (Art. 377 c.p.). Marco commette Induzione a rendere dichiarazioni mendaci (Art. 377-bis c.p.). Il reato si configura perché: a) Soggetto Passivo Qualificato: Luca, in quanto coimputato che dichiara su un fatto altrui, gode della facoltà di non rispondere ma può rendere dichiarazioni utilizzabili; b) Mezzo Corruttivo: L’offerta di denaro è la condotta tipica prevista dalla norma.
Minaccia prima della convocazione formale (tentativo escluso).
Giulia sospetta che la sua amica Anna, che è a conoscenza di informazioni cruciali, verrà presto convocata dal P.M. per deporre in merito al suo caso. Anna gode della facoltà di non rispondere perché è la fidanzata dell’imputato. Prima che Anna riceva qualsiasi notifica ufficiale, Giulia la minaccia, dicendole che se parlerà, renderà pubbliche alcune sue informazioni personali riservate. La minaccia però non ha effetto e Anna viene convocata e depone. In questo caso, il tentativo di Induzione potrebbe essere escluso. La Cassazione, in alcune pronunce, ha ritenuto che affinché il reato (anche nella forma tentata) si configuri, il destinatario della condotta deve aver già assunto la qualifica di chiamato a rendere dichiarazioni. Se la minaccia avviene quando la convocazione è solo “eventuale e ipotetica” (pur essendo Anna un soggetto qualificato), il reato non si perfeziona. Ciò dimostra l’importanza del momento procedurale.
5. Cosa dice la Cassazione (con spiegazione) sul reato di Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria.
La Corte di Cassazione ha avuto il compito di tracciare i confini del reato di Induzione a non rendere dichiarazioni (Art. 377-bis c.p.) rispetto alla fattispecie generale di Intralcio alla giustizia (Art. 377 c.p.). Le pronunce sono cruciali per chiarire che il delitto è un reato proprio con riferimento al soggetto passivo (colui che ha la facoltà di non rispondere) e che è un reato di evento che ammette il tentativo. Inoltre, la giurisprudenza ha esteso la punibilità alle condotte di minaccia e corruzione esercitate indirettamente, attraverso familiari o terzi, al fine di condizionare la volontà del dichiarante.
Il tentativo e la qualifica di “chiamato”.
Massima: «È configurabile il tentativo in relazione al reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, previsto dall’art. 377-bis, cod. pen., a condizione che il destinatario della condotta abbia già assunto la qualifica di chiamato a rendere dichiarazioni» (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del tentativo, non risultando agli atti che il soggetto fosse stato chiamato a deporre, e, a fronte dell’ammissione al rito abbreviato non condizionato, essendo anzi del tutto eventuale e ipotetica una tale evenienza) (Cass. pen., n. 991/2018).
Spiegazione: La Cassazione conferma che, a differenza dell’Art. 377 c.p. (Intralcio alla giustizia), per l’Art. 377-bis c.p. è configurabile il tentativo. Tuttavia, stabilisce un limite cruciale: la condotta di induzione (violenza, minaccia, offerta) deve essere rivolta a un soggetto che ha già assunto la qualifica formale di “persona chiamata a rendere dichiarazioni”. Se il soggetto non è ancora stato formalmente convocato dall’autorità giudiziaria, il reato (anche nella forma tentata) non sussiste, poiché manca il soggetto passivo qualificato richiesto dalla norma.
Induzione indiretta tramite terzi.
Massima: «Si configura il delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria anche qualora la condotta – nelle forme tipiche della violenza, della minaccia ovvero dell’offerta di denaro od altre utilità – sia rivolta non direttamente al soggetto chiamato a rendere dichiarazioni, ma a terze persone a questi legate da rapporti di parentela, affinità o conoscenza, al fine di condizionare il dichiarante» (Fattispecie relativa a minacce rivolte ai familiari di un collaboratore di giustizia già intraneo ad un clan camorristico, a seguito della decisione dello stesso di ammettere le proprie responsabilità in ordine ad un tentativo di incendio ai danni di una vittima di richieste estorsive da parte di esponenti del clan) (Cass. pen., n. 51265/2017).
Spiegazione: Questa pronuncia estende l’applicazione del reato ai casi di induzione indiretta. Non è necessario che l’autore rivolga la violenza, la minaccia o l’offerta di denaro direttamente al soggetto passivo qualificato (ad esempio, il congiunto con facoltà di astensione). Il reato è integrato anche quando l’atto intimidatorio è rivolto ai familiari o conoscenti del chiamato, a condizione che lo scopo finale sia quello di condizionare il dichiarante affinché taccia o menta all’autorità giudiziaria.
Distinzione cruciale con art. 377 c.p.
Massima: «In tema di delitti contro l’attività giudiziaria, mentre l’art. 377 cod. pen. tutela il corretto svolgimento dell’attività processuale, in relazione a condotte volte a pregiudicare – mediante offerta o promessa di danaro o altra utilità, ovvero violenza o minaccia – la serena acquisizione delle dichiarazioni di soggetti sui quali grava l’obbligo di rispondere (salva l’applicabilità di speciali prerogative peraltro rinunziabili, quale quella della facoltà di astenersi dal deporre ai sensi dell’art. 199 cod. proc. pen.), il reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, di cui all’art. 377-bis, cod. pen., ha ad oggetto analoghe situazioni di pericolo per la corretta acquisizione delle dichiarazioni concernenti i soggetti su cui non grava l’obbligo di rispondere, ma che comunque possono rendere dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, anche al di fuori dei limiti di cui all’art. 526 cod. proc. pen.» (Cass. pen., n. 10129/2015).
Spiegazione: Questa è la massima fondamentale che demarca i confini tra l’Art. 377 c.p. (Intralcio alla giustizia) e l’Art. 377-bis c.p. (Induzione). La differenza sta nella posizione giuridica del soggetto passivo:
Art. 377-bis c.p. (Induzione): Si applica a coloro che hanno la facoltà di non rispondere o di astenersi dal deporre (es. imputato/coimputato che dichiara su fatti altrui, prossimi congiunti). Questa distinzione è essenziale per la corretta qualificazione del fatto.
Art. 377 c.p. (Intralcio): Si applica a coloro che hanno l’obbligo di dire la verità o di rispondere (es. testimone ordinario, perito).
Reato di evento e configurabilità del tentativo.
Massima: «Il delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, previsto dall’art. 377 bis, c.p., è un reato di evento per il quale è configurabile la forma del tentativo» (Fattispecie relativa ad un’ipotesi di reato consumato, in cui un coindagato ha reso mendaci dichiarazioni nel corso di una serie di interrogatori dinanzi all’autorità giudiziaria) (Cass. pen., n. 16369/2012).
Spiegazione: Questa massima stabilisce la natura del reato, definendolo come reato di evento (l’evento è l’induzione, ovvero la modificazione della volontà del soggetto passivo). Essendo un reato di evento, la Cassazione conferma che è configurabile il tentativo. Il tentativo si realizza quando la condotta di minaccia/offerta è stata posta in essere ma non è riuscita a indurre il soggetto a tacere o a mentire.
Qualifica di “chiamato” come elemento soggettivo.
Massima: «Ai fini della configurabilità della fattispecie tentata del reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 377 bis, c.p.), assume un ruolo decisivo la qualità soggettiva di “persona chiamata” dinanzi all’autorità giudiziaria, trattandosi di un reato proprio con riferimento al destinatario della condotta, realizzabile solo in quanto tale soggetto sia in grado di rendere dichiarazioni utilizzabili nel procedimento (ad es., le persone dell’imputato, del coimputato e dell’imputato in reato connesso ex art. 12, lett. a) e lett. c), c.p.p., che rendano dichiarazioni sul fatto altrui)» (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato senza rinvio la pronuncia impugnata, escludendo la configurabilità del tentativo in quanto non risultava dagli atti che il destinatario della condotta fosse stato chiamato a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria) (Cass. pen., n. 45626/2010).
Spiegazione: Questa massima, sebbene antecedente al consolidamento definitivo del 377-bis, ne chiarisce la natura: è un reato proprio con riferimento al soggetto passivo (il destinatario). Per la punibilità, è assolutamente necessario che la vittima dell’induzione rientri in quella specifica categoria di persone che hanno la facoltà di non rispondere (es. coimputati, prossimi congiunti). Se il soggetto non è “chiamato” e non rientra in quella categoria privilegiata, il reato non sussiste.
La punibilità dell’induzione esercitata tramite terze persone.
Massima: «L’integrazione del reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, posto in essere per il tramite di una terza persona, richiede che quest’ultima si faccia latrice, nei confronti del soggetto passivo, della condotta di minaccia, violenza, offerta o promessa di denaro finalizzata alla predetta induzione» (Nella specie, caratterizzata da tentativo, la Corte ha annullato la misura coercitiva impugnata essendo risultate unicamente minacce ed intimidazioni rivolte al terzo affinché questi riferisse alla persona offesa, con mezzi e modalità rimasti tuttavia non chiariti, una richiesta di ritrattazione di precedenti dichiarazioni) (Cass. pen., n. 44464/2010).
Spiegazione: Questa pronuncia ribadisce la validità dell’induzione tramite intermediario. Affinché l’induzione indiretta si configuri, non è sufficiente che l’autore abbia parlato al terzo, ma è necessario che il terzo abbia effettivamente trasmesso al soggetto passivo la minaccia, l’offerta o la promessa (l’intermediario funge da “latore” del messaggio). Se l’attività di minaccia si ferma al terzo o i mezzi e le modalità di trasmissione sono incerti, il reato potrebbe non perfezionarsi, come accaduto nel caso di specie in cui è stata annullata la misura coercitiva.
6. Cosa fare se sei coinvolto nel reato di Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria.
Il reato di Induzione a non rendere dichiarazioni (Art. 377-bis c.p.) è un delitto severo, punito con la reclusione da due a sei anni, e sanziona l’attacco alla libertà di scelta di soggetti privilegiati nel processo penale (coloro che hanno la facoltà di non rispondere).
L’intervento difensivo deve concentrarsi sui seguenti aspetti cruciali per escludere o attenuare la responsabilità:
- Difetto del Soggetto Passivo Qualificato: La strategia principale è dimostrare che la persona sottoposta a minaccia o corruzione non rientrava nella categoria dei soggetti con facoltà di non rispondere (es. non era prossimo congiunto, coimputato o persona a rischio di auto-incriminazione). In tal caso, il reato non sussiste;
- Mancanza del Tentativo Consumato: Se l’azione è avvenuta prima della convocazione formale, è possibile eccepire che il destinatario non aveva ancora assunto la qualifica di “chiamato” a rendere dichiarazioni. In questo scenario, come chiarito dalla giurisprudenza, il tentativo stesso è escluso;
- Benefici Processuali: Data la pena edittale che consente la competenza del Tribunale monocratico, è fondamentale mirare all’accesso alla Declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto (Art. 131 bis c.p.) e alla Messa alla prova (Art. 168 bis c.p.p.).
L’azione tempestiva è vitale per costruire una difesa che escluda il dolo specifico o che consenta l’accesso a misure alternative alla detenzione. Per un’analisi immediata, riservata e per costruire una strategia difensiva solida a Siracusa o Catania, contattami per una consulenza riservata visitando la pagina Contatti del sito.
